Cronaca locale

Nuove moschee a Milano? Ecco i rischi per la sicurezza

Dalle moschee abusive al rischio radicalizzazione: perché l'idea di Sala di costruire nuovi centri di culto mette a rischio la sicurezza

Nuove moschee a Milano? Ecco i rischi per la sicurezza

Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, insiste sulla realizzazione di nuove moschee a Milano, affermando che le polemiche al riguardo non portano al bene del capoluogo lombardo e delle persone che vanno a pregare.

Sala ha poi commentato il percorso del Comune che porterà, con l'approvazione del nuovo Pgt, alla possibilità di realizzare nuovi luoghi di culto in città, su richiesta delle confessioni che sono interessate. La Regione Lombardia, con la legge cosiddetta anti-moschee, prevede però che per realizzare nuovi luoghi di culto si debba prima approvare il documento del Piano delle attrezzature religiose, contenuto nel Pgt.

Sala si è detto contrario a tale percorso: "Questo percorso dovrà avere una fine perché la mia responsabilità è di governare una città con tante anime: quando hai 70 mila concittadini che, come dice la Costituzione, hanno diritto a professare la loro fede, il mio compito è aiutarli".

Ci sono però alcuni aspetti che entrano in contrasto con questa spinta di Sala volta a soddisfare i “concittadini” islamici.

In primis bisogna tener presente che i centri di preghiera islamici sono già ampiamente presenti a Milano e dintorni. Basti pensare a via Padova 144, al centro islamico di Cascina Gobba, ai centri di viale Jenner e via Quaranta, alla “moschea” di Segrate, ai centri islamici bengalesi, a quella turca di via Maderna, a quelli di via Stadera, via Gonin e via Carissimi. Ovviamente questi sono soltanto alcuni, ma il numero è ben più ampio. Bisogna inoltre tener presente che molti luoghi di preghiera sparsi per Milano e hinterland sono “abusivi”, non in regola con le norme di sicurezza e con provenienza di finanziamenti non chiara, come ad esempio il centro islamico di via Cosenza.

In secondo luogo è fondamentale considerare che la teoria del “costruire nuove moschee nella speranza che così tutto avvenga alla luce del sole” non sta in piedi, prima di tutto perché prima di costruire nuove moschee bisognerebbe fare in modo di chiudere tutti i centri islamici irregolari e facendo in modo che non ne nascano altri. Vi è poi il problema legato ai finanziamenti e alla tipologia di dottrina predicata: bisogna infatti fare in modo che ci sia totale limpidezza sulla provenienza dei fondi, certamente non sarebbe accettabile che finanziatori e gestori fossero legati (direttamente o indirettamente) a quelle branche dell’islamismo radicale di stampo wahhabita o dei Fratelli Musulmani (tra l’altro già ampiamente presenti a Milano e in Italia in generale). Ingerenze esterne che rischierebbero di riversare sulle comunità islamiche locali problematiche enormi, contribuendo non soltanto a divulgare dottrine incompatibili con gli ideali di libertà e democrazia, ma rischiando anche di alimentare tensioni all’interno delle comunità islamiche stesse, come già visto durante le cosiddette “Primavere arabe”, in particolare tra sostenitori e oppositori dell’ex presidente egiziano Mohamed Morsy, legato all’organizzazione radicale dei Fratelli Musulmani.

Le istituzioni sarebbero in grado di verificare tutto ciò ed eventualmente prevenirne gli effetti collaterali? Probabilmente no.

In terzo luogo è bene sfatare la nuova teoria secondo la quale “nei centri islamici non ci si radicalizza”. Sono i fatti a parlar chiaro e basta far riferimento ai casi di predicatori come Bilal Bosnic e Idriz Bilibani; il primo in particolare, propagandista e reclutatore dell’Isis, ha girato in lungo e in largo il nord-Italia per divulgare l’ideologia jihadista nei centri islamici di Pordenone, Bergamo, Cremona, Siena, reclutando jihadisti come Ismar Mesinovic, Munifer Karamaleski, Elvir Avmedoski, Rok Zavbi, tutti finiti nelle file dell’Isis in Siria.

Lo scorso ottobre veniva invece espulso da Lecco l’imam Idriz Idrizovic, segnalato più volte nei centri islamici del lecchese ma anche in viale Jenner e a Cinisello. Non si può poi non far riferimento alla ormai nota “moschea di Foggia”, centro nevralgico di una rete di jihadisti della quale faceva parte anche il jihadista e predicatore ceceno Eli Bombataliev. Questi sono soltanto alcuni casi, ma anche qui la lista è ben più lunga.

Insomma, l’apertura di nuove moschee, fortemente sostenuta da Sala, sembra alquanto inopportuna sul piano della sicurezza.

In aggiunta non è chiaro per quale motivo la comunità islamica senta l’esigenza di aprire nuovi centri di culto quando ve ne sono già numerosi sul territorio.

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