Cronaca locale

De Chirico: quel "Pictor Optimus" che definiva incapaci Manet, Cézanne e Dalí

De Chirico: quel "Pictor Optimus" che definiva incapaci Manet, Cézanne e Dalí

Giorgio De Chirico, il padre della Metafisica, non aveva un bel carattere e, al contempo, nutriva uno smisurato culto della personalità che lo rendeva preda ambita per giornalisti e editori. Non solo quelli gravitanti nella pubblicistica d'arte. I rotocalchi, anche quelli nazionalpopolari, facevano a gara negli anni '60 per accaparrarsi interviste, illustrazioni e critiche del Pictor Optimus quando era ormai all'apice della sua fama di artista nonchè di bastian contrario e censore dell'umanità. Come quando, sensibile alla vetrina (e alla pecunia), fece tirare oltre mezzo milione di copie al settimanale Tempo per un inserto illustrato dei Promessi Sposi; oppure quando, sulle pagine dell'Europeo, si presentò come il «nemico della pittura moderna» per i suoi strali contro tutti i padri delle avanguardie del Novecento. Eccetto Picasso. Documenti, tavole, aneddoti e testimonianze di quegli anni sono l'oggetto della nuova intrigante mostra allestita da Andrea Kerbaker alla Kasa dei Libri di Largo De Benedetti 4. Una nuova chicca, questa, che va aggiungersi alle passate esposizioni sui volumi illustrati da Mirò e da Matisse.

La mostra «De Chirico in 101 libri» non è meno interessante delle precedenti perchè svela non solo le attitudini del maestro a collaborazioni in veste di illustratore, con uno stile ben lontano dagli anni della Metafisica; ma anche le sue doti di «personaggio», ansioso di apparire e sempre pronto a pubblicizzare coup de théâtre, come quando polemizzò addirittura su sè stesso e sui «falsi-veri» da lui realizzati. Si legge sulle pagine di Epoca del 1968: «Il pittore ha sempre dato una caccia spietata ai suoi falsi, ma negli ultimi tempi l'ha intensificata. Se in una galleria, in un museo o in una casa privata de Chirico scopre un suo quadro ma nutre dei dubbi circa la sua autenticità, è capace di strapparlo dalla cornice o di sfregiarlo con un temperino». Oltre alle copertine delle riviste - che amavano ritrarlo accanto a personaggi dello spettacolo, preferibilmente nel salotto della casa-museo tappezzata dei suoi dipinti e autoritratti - la mostra di Milano espone disegni e illustrazioni a colori che De Chirico realizzò a partire dagli anni Quaranta per libri, edizioni uniche e perfino enti pubblici come l'IRI, per il quale traslò in chiave mitologica gli sforzi industriali dell'Italia del boom. Tra le tavole in mostra, spiccano le 22 illustrazioni a colori di grande formato realizzate per il volume L'Apocalisse, dove l'artista attinge a piene mani dall'iconografia classica dei testi sacri. Forse ancor più suggestive le illustrazioni a sfondo mitologico realizzate per l'IRI nel '62; collaborazione inusuale, ma che lo stesso Pictor Optimus così spiegò e descrisse: «Oggi i grossi complessi finanziari sono il mito del nostro tempo. Giove con i fulmini può ricordare I'IRI come le industrie produttrici di energia elettrica. Facile è l'accostamento degli aerei dell'Alitalia al cavallo alato Pegaso. E per ultimo ho composto, pensando ad Edindustria, la casa editrice che cura le pubblicazioni dell'IRI, la vita silente con il busto di Minerva e i libri». Non manca in mostra il De Chirico scrittore, certamente meno attivo del fratello Alberto Savinio, ma qui ben rappresentato con la prima rara edizione parigina del suo romanzo metafisico Hebdomeros. Ma è nella versione di «critico d'arte» che il personaggio mostra il suo volto più irriverente, quasi uno Sgarbi ante-litteram che sulle riviste popolari si divertiva a bocciare praticamente tutti i contemporanei. Manet? «Il primo cattivo gran pittore»; Gauguin? «I suoi scritti sono tutt'altro che brutti ma per quanto riguarda la pittura è zero»; Dalì? «Pittore sgradevole e incredibilmente oleografico»; Chagall? «Pittura da baraccone di fiera e da osteria di campagna»; Cezanne? «Il primo incapace lanciato come gran maestro».

Non risparmiò neppure gli architetti e, quando intervistato su Le Corbusier e Frank Lloyd Wright, li definì coloro «che cercano di trasformare l'abitazione dell'uomo, ciò che fu il Focus dei romani e la Estia dei greci, in luoghi sgradevoli che fanno pensare alle prigioni e agli ospedali».

Corsi e ricorsi.

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