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La Cina chiude il Tibet per paura delle proteste

Le autorità cinesi hanno avvertito che tutti gli stranieri dovranno lasciare la zona entro e non oltre il 25 febbraio. Mentre i tibetani non potranno allontanarsi dalle proprie abitazioni per più di dieci chilometri

La Cina chiude il Tibet per paura delle proteste

Dal 25 febbraio al 30 marzo 2016 sarà impossibile entrare in Tibet. E’ stata proibita dal governo centrale cinese l’entrata agli stranieri nell’intera regione autonoma. Ma non solo. Gli stessi tibetani non potranno allontanarsi dalle proprie abitazioni per più di dieci chilometri.

L’annuncio è arrivato da Pechino e il periodo scelto non è casuale. Tra febbraio e marzo, infatti, i tibetani ricordano diverse rivolte contro il regime comunista: dalla fuga del Dalai Lama in India alle proteste contro le Olimpiadi di Pechino del 2008.

Le autorità cinesi hanno avvertito che tutti gli stranieri dovranno lasciare la zona entro e non oltre il 25 febbraio. Un’affissione pubblica ha anche avvertito gli stessi tibetani che “saranno severamente puniti” tutti quelli che si sposteranno per più di dieci chilometri dalla propria residenza.

Le proteste contro l’invasione maoista nella provincia risalgono al 1957, quando una rivolta infuoca la parte orientale del Tibet. Nel 1959 la protesta arriva a Lhasa, ma l’esercito comunista soffoca violentemente e in breve tempo la ribellione, costringendo il Tale' i Bla-ma - Dalai Lama in tibetano - a scappare in India dove, successivamente, fonda il Governo in esilio.

Nel 2008, in occasione delle Olimpiadi di Pechino, centinaia di monaci lasciano i propri monasteri per commemorare il 49esimo anniversario della rivolta contro l’occupazione cinese. Il pugno duro del governo centrale non si fa attendere.

La repressione provoca diverse vittime e molti religiosi vengono tratti in arresto.

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