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Donna yazida racconta all'Onu gli orrori dell'Isis

Una giovane donna yazida, miracolosamente riuscita a fuggire dalla prigionia, racconta alle Nazioni Unite le drammatiche violenze subite dai miliziani dell'Isis

Nadia Murad Basee Taha denuncia all'Onu le violenze dell'Isis
Nadia Murad Basee Taha denuncia all'Onu le violenze dell'Isis

I tagliagole dell'Isis ormai sono famosi per i loro crimini. Ma ogni volta che qualcuno che ha toccato con mano quella violenza racconta nuovi particolari, lo sgomento per simili brutalità cresce ancor di più. Una giovane donna irachena della minoranza yazida ha implorato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di sconfiggere lo Stato islamico, descrivendo nei minimi dettagli le torture e gli stupri subiti nei tre mesi in cui è stata nelle mani dei jihadisti come "bottino di guerra". Lo Stato islamico vede come il fumo negli occhi gli yazidi, considerati fedeli del diavolo perché la loro fede contiene elementi di cristianesimo, zoroastrismo e islam. Gran parte della popolazione yazida, circa un milione e mezzo di persone, è stata costretta ad abbandonare le proprie case e vive nei campi profughi allestiti nel Kurdistan iracheno. Nell'estate 2014 i jihadisti catturarono circa 5mila uomini e donne, 2mila sono riusciti a fuggire mentre 3mila restano nelle mani dei tagliagole.

"Lo stupro è stato usato per distruggere le donne e le ragazze, per assicurarsi che non potessero mai più condurre una vita normale", ha detto la 21enne Nadia Murad Basee Taha al primo incontro sul traffico di esseri umani. "Lo Stato islamico ha trasformato le donne yazide in carne da trafficare", ha aggiunto. Poi ha raccontato di essere stata rapita lo scorso agosto dal suo villaggio in Iraq e portata in pullman in un edificio nella roccaforte dello Stato islamico, Mosul, dove migliaia di donne e bambini vengono scambiati dai militanti come doni.

Pochi giorni dopo, fu portata via da un uomo. "Mi ha costretta a vestirmi e truccarmi, poi quella notte terribile, l'ha fatto. Mi ha costretta a servire nella sua fazione militare, mi ha umiliata ogni giorno", ha raccontato. Ovviamente la ragazza ha tentato di fuggire, ma una guardia l'ha fermata. "Quella notte mi ha picchiata, mi ha chiesto di togliermi tutti i vestiti. Mi ha messa in una stanza con le guardie, poi hanno cominciato a commettere il loro crimine, e dopo sono svenuta", ha proseguito di fronte ai 15 membri del Consiglio di sicurezza. Fortunatamente, dopo mille peripezie e violenze, nonché l'uccisione (ad opera dei jihadisti), di diversi suoi fratelli, è riuscita a fuggire e ora vive in Germania.

Le Nazioni unite sostengono che lo Stato islamico abbia messo in atto un vero e proprio genocidio nel tentativo di eliminare la minoranza yazida. Proprio per questo hanno chiesto al Consiglio di sicurezza di portare la questione alla Corte penale internazionale.

In una nota, ieri il Consiglio ha condannato il traffico di persone da parte dello Stato islamico e altri gruppi: "Certi atti associati al traffico di persone nel contesto dei conflitti armati possono costituire crimini di guerra".

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