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Calenda veste i panni del cavaliere bianco: ora vuole scalare il Pd

Il ministro si iscrive ai dem: "Non serve un altro partito, ma risollevare quello che c'è"

Calenda veste i panni del cavaliere bianco: ora vuole scalare il Pd

Oggi Carlo Calenda si iscriverà al Partito democratico. Tessera acquisita in tempi difficili per il primo partito della sinistra. Un soccorso non richiesto dalla segreteria visto che l'intenzione nemmeno troppo nascosta è quella di entrare in concorrenza con Matteo Renzi. Sicuramente come potenziale candidato premier. Ma c'è chi lo vorrebbe in corsa per la segreteria al congresso per sostituire Renzi. Una partita che lui dice di non volere giocare.

Ieri l'annuncio via Twitter del ministro, in risposta a un ammiratore che gli chiedeva di scendere in campo: «Non bisogna fare un altro partito, ma lavorare per risollevare quello che c'è. Domani mi vado a iscrivere al Pd», ha scritto il responsabile dello Sviluppo economico.

Sono seguiti messaggi di benvenuto da tutto il partito. Primo quello del premier Paolo Gentiloni, con un sentito «Grazie Carlo!». Ultimo in ordine di tempo (e di gradimento) quello del segretario, arrivato con una gelida comunicazione del portavoce: «Questa mattina Matteo Renzi ha sentito per telefono il Ministro Carlo Calenda congratulandosi per l'adesione al Pd». Più positivo Maurizio Martina, vicesegretario del Pd: «La scelta giusta. Grazie». Tra i renziani doc solo Matteo Richetti («Preparo il comitato d'accoglienza! Che bella notizia. Si riparte alla grande») ha mostrato un po' di trasporto.

Dichiaratamente ostili, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, nemico giurato del ministro per la vicenda dell'Ilva, secondo il quale «Pensare di sostituire Renzi con un uomo della provvidenza come Calenda è una bestialità». Poi il presidente del Piemonte Sergio Chiamparino: «Non si tratta di fare un concorso di bellezza o di bravura».

La ragione di tanta agitazione per l'iscrizione è semplice. Calenda è una pedina essenziale, già da un po', in tutti gli scenari futuri che escludono Renzi. Premier di riserva in caso di stallo, punto di riferimento dei liberal di sinistra con un tocco laburista, portato dalla sua alleanza con il segretario dei metalmeccanici Cisl Marco Bentivogli, con il quale in gennaio ha firmato un «Piano industriale per l'Italia». Il passaggio per +Europa (un appoggio esterno alla lista Bonino) è un incidente di percorso già archiviato.

Calenda ha incrociato più volte la spada con l'ex rottamatore, marcando la distanza con su vari argomenti. Ma il suo stile era e resta interventista e proattivo, esattamente come quello di Renzi.

È per questo che ieri è spuntata una novità sul possibile ruolo di Calenda. In ambienti Pd il nome del ministro è finito in cima alla lista dei candidati alla segreteria della minoranza interna al Pd. Candidatura lanciata, per ora ufficiosamente, dal leader della sinistra interna Andrea Orlando, che vede in Calenda un potenziale catalizzatore di tutti quelli che vogliono superare la fase renziana. Ieri lo stesso ministro ha smentito: «Non conosco il partito, le persone che ci lavorano, la rete territoriale. Candidarsi a qualcosa sarebbe davvero poco serio e poi non voglio essere in nessun caso un ulteriore elemento di divisione o personalizzazione. Lavoriamo tutti insieme». In ambienti ministeriali l'interpretazione prevalente è che voglia comunque approfittare della debolezza di Renzi per ritagliarsi un ruolo. Ma anche che, più che al partito, punti al futuro governo.

Gli equilibri in questi giorni cambiano velocemente e anche il ministro potrebbe cambiare idea anche sul partito. D'altro canto sono lontani i tempi in cui diceva che non poteva candidarsi segretario perché «non sono neanche iscritto al Pd».

Lontanissimi quelli di quando, come raccontano esponenti dem, chiese l'iscrizione al Pd, ma nessuno gli rispose.

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