Cronache

Caprotti affida Esselunga alla moglie Giuliana. E la vendita è congelata

Lo schiaffo ai figli ribelli: il 66,7% alla vedova e alla loro figlia Marina. Soldi ai nipoti e quadri al Louvre

Caprotti affida Esselunga alla moglie Giuliana. E la vendita è congelata

Bernardo Caprotti ha lasciato alla moglie Giuliana Albera e alla figlia Marina Sylvia il controllo di Esselunga. Il testamento aperto ieri pomeriggio nello studio del notaio Carlo Marchetti di Milano ha confermato le previsioni. L'imprenditore poteva disporre del 25 per cento di Supermarkets Italiani, la holding di cui si era ripreso tutte le azioni. Il 75 per cento dell'asse ereditario è infatti assegnato dalla legge: il 25 alla vedova e il 50 ripartito tra i figli Giuseppe, Violetta e Marina Sylvia (16,7 a testa). Alla moglie e a Marina Sylvia, che sono sempre state vicine al vecchio patriarca, è andato anche l'ultimo 25 per cento.

Con il 66,7 complessivo di Supermarkets Italiani, che assicura il controllo dell'assemblea ordinaria e straordinaria, esse hanno una solida maggioranza che garantirà la continuità della gestione attuale. «Faremo di tutto per salvare il gruppo», sono state le uniche, sibilline parole pronunciate da Giuseppe uscendo dal notaio. Il testamento dispone anche lasciti in denaro a tutti i nipoti e la donazione di alcuni quadri al Louvre.

Poche ore prima che si conoscessero le ultime volontà di Caprotti il cda di Supermarkets Italiani spa si è riunito nominando il nuovo presidente al posto del fondatore scomparso e deliberando di «non dar corso, allo stato, a operazioni relative alla controllata Esselunga». La delicatezza di questa transizione ha indotto gli amministratori a bloccare le trattative di vendita. In estate Caprotti aveva incaricato Citigroup di raccogliere manifestazioni di interesse, che sarebbero state espresse dai fondi internazionali Cvc e Blackstone. Ora una figura di garanzia come il notaio Piergaetano Marchetti, cooptato ieri nel cda e nominato nuovo presidente, gestirà questa fase.

L'impero di Bernardo Caprotti vale 9 miliardi di euro. Due miliardi per la parte immobiliare (151 negozi 95 superstore e 56 supermarket - tutti di proprietà così come i terreni su cui sorgono) più i 7,3 di fatturato. Una gestione con una redditività di circa 16mila euro ogni metro quadrato di superficie di vendita, la più alta d'Europa. Risale al 1996 il primo schema di successione, quando Esselunga fu intestata fiduciariamente ai figli. I due maggiori erano già in azienda: Giuseppe sarebbe diventato amministratore delegato mentre Violetta lavorava nel marketing.

Nel 2004 Caprotti estromise il primogenito (Violetta se n'era già andata) e riorganizzò il gruppo. Gli immobili confluirono nella Villata Partecipazioni spa e la struttura societaria fu semplificata. La parte immobiliare doveva essere «la cassaforte di famiglia per almeno un paio di generazioni, qualsiasi sia il destino dell'impresa operativa», come Caprotti scrisse ai figli nel 2010 al compimento degli 85 anni. L'intenzione era di assicurare un avvenire tranquillo alla progenie grazie alla rendita fondiaria, ma di tenersi le mani libere quanto al «core business».

In quello scritto Caprotti precisò pure che in famiglia «le cose predisposte nel '96» sono «rimaste sempre valide». Cioè le azioni della holding rimanevano intestate fiduciariamente ai figli ma, in base a una scrittura privata, il padre poteva reintestarsi le quote in ogni momento e senza preavviso in base a una procura generale che lo autorizzava ad agire in nome e per conto dei figli. Cosa che avvenne nel 2011. Questa scintilla ha acceso la lite con i due figli nati dal primo matrimonio con Giorgina Venosta.

E che dovranno accontentarsi di restare in minoranza, salvo ulteriori contenziosi.

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