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Chi vuole gestire il potere ha bisogno della lobby gay

Chi vuole gestire il potere ha bisogno della lobby  gay

Caro direttore, si può parlare serenamente di lobby gay nella società di oggi, evitando sorrisetti e malintesi? Il Giornale di ieri, riprendendo una lettera che avevo scritto per Il Tempo, mi attribuisce la profezia che saranno proprio i gay, vicini al candidato premier Di Maio, a farlo precipitare assieme al suo cerchio magico.

Evidentemente non sono riuscito a spiegarmi. Il mio ragionamento, sulla base di informazioni circostanziate, è diverso, forse ancora più ampio, coinvolge tutti i partiti e soprattutto quei simpatici «nuovi mostri» che dalla provincia arrivano a Roma con ruoli da protagonisti.

Mi vengono in mente Renzi, Lotti e la Boschi nel Pd, che di certo sono allegramente etero, ma hanno sentito il bisogno di schiudere il loro giglio magico a giovani gay, quasi tutti in carriera nelle istituzioni e nelle aziende. E così è stato per Di Maio.

Roma atterrisce e spaventa, ma è come una vecchia maîtresse che ammalia. E i professionisti gay hanno una loro efficienza tutta particolare, si riconoscono al volo, sono trasversali, riservati seppur social, e riescono più facilmente ad ottenere la fiducia dei nuovi leader infrangendo quel muro di diffidenza verso tutte le lobby, dai farmaci ai giochi.

Forse perché forniscono, in un colpo solo, un network potente e trasversale, fondamentale per chi nel Palazzo non c'è mai stato prima e non sa come orientarsi, oltre che una certa benevolenza mediatica perché, si sa, di certi argomenti si sussurra soltanto. Il prezzo da pagare, poi, è quello dell'impegno sul fronte dei «diritti civili», anche se i grillini sulle unioni civili hanno fatto un passo avanti e due indietro.

In questo la millenaria storia Vaticana, proprio sul fronte dell'omosessualità, è sempre avanti: Giovanni Paolo II li tollerava e li controllava, soprattutto attraverso quelle organizzazioni come Comunione e Liberazione, Opus Dei e Legionari che li hanno accolti con amore; Benedetto XVI li ha ridimensionati, fino a Papa Francesco per i quali è diventato un'icona, con il suo «chi sono io per giudicare».

Non a caso, avviate da monsignor Semeraro, Vescovo di Albano sono diventate di routine le Pastorali omosessuali dove si perdona, a patto di onorare la fedeltà e la felicità di coppia. Ma non sono certo gli innocenti gay a minare gli equilibri dei nuovi leader, ma soprattutto i loro cerchi ristretti.

E su questo ci piacerebbe avere una riflessione da Renzi, visto la fine fatta dal suo giglio magico.

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