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Fillon, voci di ritiro dopo lo scoop sulla moglie

Il candidato del centrodestra tiene il punto, ma crescono le voci di un piano alternativo

Fillon, voci di ritiro dopo lo scoop sulla moglie

Dopo la rivelazione del settimanale Le Canard Enchaîné sulla moglie del leader gollista François Fillon, la quale avrebbe percepito 500mila euro in otto anni da assistente parlamentare, sostanzialmente con un contratto fittizio, a destra si vagliano tutte le opzioni. Nonostante sia stato scelto da oltre 4 milioni di elettori alle primarie, l'affaire Penelope è infatti costato a Fillon una caduta di altri 4 punti nei sondaggi, dopo averne persi 16 in due mesi. L'istituto Odoxa spiega che sei francesi su dieci (il 61%) hanno di lui una pessima opinione: da favorito per l'Eliseo, è piombato al 38%. Ecco perché nell'ex Ump esisterebbe già un piano B per rimpiazzarlo come candidato.

Alain Juppé, secondo alle primarie di novembre, esclude «in modo chiaro e definitivo» di accettare le avance di chi nel partito gli avrebbe chiesto di sostituire il designato Fillon; semmai questi decidesse di abbandonare. Per ora, Fillon annuncia querela per Le Canard Enchaîné, parla di «calunnie» e promette di ritirarsi solo se finisse sotto inchiesta giudiziaria, cioè se indagato lui stesso penalmente e non «dal tribunale dei media».

Una dichiarazione rischiosa, che ha messo i Républicans in allerta: «In epoca Sarkozy, abbiamo imparato che al potere esecutivo non conviene mettersi nelle mani di quello giudiziario». La frase circola tra i gollisti. Il piano B è complicato, ma realizzabile. L'Alta autorità garante del risultato delle primarie della destra precisa che in caso di ritiro non sarà automaticamente designato il secondo. Semmai si dovrebbe procedere a nuove consultazioni. Con una decisione del partito, però, l'Alta autorità potrebbe essere cancellata. E in pancia sarebbe già in cantiere un simile procedura per indicare un sostituto.

Intanto un Ps ancora senza candidato passa dalla fronda anti-Hamon a quella pro-Macron. Più che sostenere convintamente Manuel Valls come candidato-difensore del Quinquennato, i pro-Valls hanno attaccato l'altra metà del Ps facendo vincere Benoit Hamon al primo turno delle primarie, cioè il candidato utopista a capo degli anti-Hollande. Quegli stessi deputati e ministri (hollandiani e nelle ultime ore perfino alcuni sostenitori di Valls), sentendo puzza di sconfitta, si stanno orientando verso un estraneo al Ps che si sta rivelando un cavallo di razza: Emmanuel Macron, leader del movimento «En Marche!». Con una forbice tra il 52% e il 65% a seconda dello sfidante, è dato vincente alle presidenziali di aprile-maggio. È al 43% nel gradimento generale. Convince nei meeting e attira a sé sempre più socialisti.

L'idea di evitare il confronto interno tra gauche così diverse, indirizzandosi da subito sulla «presidenziabilità» di Macron, era solo una voce alla vigilia delle primarie. Ora è quasi una realtà. Che sta affossando Valls prima ancora di vedere se sarebbe (o sarà) riuscito a ottenere la candidatura all'Eliseo dopo anni di tentativi e di passaggi dalle primarie.

Domani il ballottaggio-verità.

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