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I conformisti del Salone di Torino

I conformisti del Salone di Torino

In nome del confronto e del dibattito, il comitato editoriale del Salone del libro di Torino, attraverso il suo direttore Nicola Lagioia, comunica su facebook la sua impressione sulla presenza dell'editore Altaforte (accusato di essere vicino a Casapound) alla manifestazione in partenza giovedì prossimo. L'impressione in sintesi è questa: niente apologia del fascismo o inviti all'odio etnico o razziale nel programma degli incontri. E ci mancherebbe, diciamo noi. Inutile quanto bizzarra la spiegazione di Lagioia: «Nessuna libertà può definirsi tale se non è tuttavia priva di argini». Continua Lagioia: «Per ciò che riguarda me e il comitato editoriale, crediamo che la comunità del Salone possa sentirsi offesa e ferita dalla presenza di espositori legati a gruppi o partiti politici dichiaratamente o velatamente fascisti, xenofobi, oppure presenti nel gioco democratico allo scopo di sovvertirlo». Conclusione: «Siamo antifascisti anche perché crediamo nella democrazia». Insomma, il comitato editoriale non può impedire ad Altaforte di acquistare uno spazio espositivo ma non è affatto contento e capisce chi in queste ore chiede chiarimenti. Ad esempio, Christian Raimo, consulente del Salone, che, su facebook, invoca il ritorno dell'antifascismo militante e pubblica la prima lista di epurazione: «Alessandro Giuli, Francesco Borgonovo, Adriano Scianca, Francesco Giubilei, etc tutti i giorni in tv, sui giornali, con i loro libri sostengono un razzismo esplicito, e formano think tank che sono organici con il governo». Razzismo esplicito? Viene da ridere per la grossolana faziosità. Raimo deforma la realtà per far credere (o forse lo crede davvero) che la cultura di destra sia razzista o cripto-razzista e coincida con il neo-post-ultra-fascismo.

Scusate le lunghe citazioni ma sono indispensabili per capire lo spessore del comitato editoriale alla testa della manifestazione libraria più importante d'Italia. Apprendiamo con sgomento: che la libertà ha dei limiti decisi da Nicola Lagioia e i suoi collaboratori; che, secondo i criteri esposti da Lagioia, la casa editrice Einaudi, per la quale pubblica, in passato avrebbe dovuto essere nel mirino tanto quanto Altaforte edizioni: era vicina all'illiberale Partito comunista; che l'antifascismo coincide con la democrazia. In Italia, l'antifascismo non è stato democratico. Fa eccezione solo chi si proclamò sia antifascista sia anticomunista, quattro gatti.

Altaforte ha replicato con una lettera su facebook. Non entriamo nello specifico del suo catalogo ma una osservazione generale vogliamo farla: alcuni (molti) dei testi più controversi stampati o distribuiti da Altaforte sono fonti primarie per la conoscenza del fascismo, dell'impresa di Fiume, del Futurismo, della rivoluzione conservatrice.

Se le pubblica soltanto un editore di estrema destra, forse gli editori italiani «perbene» dovrebbero chiedersi se svolgono una vera attività culturale o si limitano ad alimentare il conformismo.

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