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L'economia a 5 Stelle: 40 miliardi di mance e una maxi patrimoniale

Promettono reddito di cittadinanza e anticipo dell'età pensionabile. Le coperture? Più tasse

L'economia a 5 Stelle: 40 miliardi di mance e una maxi patrimoniale

Roma - Vicini ai cittadini e alle piccole imprese con le parole. Nei fatti, però, il programma economico del Movimento 5 Stelle sembra voler creare un mostruoso Leviatano statale piuttosto che una liberazione «digitale» degli individui. I fini del grillismo sono sempre nobili: aiutare chi vive in condizioni di povertà con il reddito di cittadinanza, consentire un'uscita più semplice dal mondo del lavoro abolendo la riforma Fornero delle pensioni, Internet per tutti, un mondo più verde. Il programma a 5 stelle, infatti, sembra uscito da una bella elucubrazione di Al Gore, l'immaginifico ex vicepresidente degli Usa ai tempi di Clinton.

Basta porre la domanda «Chi paga?» per scoprire come i mezzi per raggiungere gli scopi siano un po' meno accattivanti. Ad esempio, se si mettono insieme la proposta di Di Maio sui 12 miliardi da recuperare sulle pensioni per facilitare l'anticipo dell'età pensionabile e il reddito di cittadinanza da 780 euro al mese (a scalare a seconda del reddito) per chi vive in condizioni di povertà, si ottiene una maggiore spesa da coprire per 30 miliardi. Si arriva a 40 miliardi se si aggiunge il bonus da 80 euro che Di Maio vorrebbe confermare.

Ora se si esce dalla solita litania dei «tagli agli sprechi» e alle «pensioni d'oro», si può entrare nel territorio oscuro e un po' magmatico del programma pentastellato. In quegli ambiti non di rado si è parlato di patrimoniale. Ad esempio, Giovanni Dosi, direttore dell'Istituto di economia del sant'Anna di Pisa (che ai grillini piace non poco) ha proposto un'imposta straordinaria sulle attività finanziarie, «una patrimoniale per avere 50 miliardi all'anno per 5 anni». Ovviamente non si escludono un ritocco al rialzo delle aliquote Irpef per i redditi annui lordi superiori ai 100mila euro.

E sempre sul fronte fiscale i grillini sono molto favorevoli a un inasprimento della carbon tax intesa anche come aumento dei canoni di concessione per le attività di estrazione degli idrocarburi. D'altronde i no-triv, i no-tap e i no-qualunque cosa riscuotono molte simpatie in ambito grillino. A questa si aggiungerebbe una green tax, una sorta di aliquota Iva aggiuntiva che penalizza i beni e i servizi a seconda delle emissioni di anidride carbonica connesse alla loro produzione. Non è un mistero che il Movimento prosegua nella proposta politica il downshifting teorizzato da Gianroberto Casaleggio, cioè «l'abbassamento delle aspettative personali» che passa anche per una riduzione del 37% dei consumi energetici individuali che, con le fonti fossili così penalizzate, sarebbe pressoché automatico.

Sorvolando su alcuni investimenti pubblici di dubbia utilità (M5s propugna la ristatalizzazione della rete tlc), è chiaro che un'Italia governata da Di Maio piacerebbe molto all'ex ministro Vincenzo Visco e ai sostenitori dei «beni comuni» tipo Bersani, Civati e Fratoianni.

Un'Italia di negozi chiusi la domenica dove l'e-commerce però imperversa (sulla web tax non è stata presa una posizione netta), un'Italia con imprese costrette al nanismo per pagare meno tasse e con i grandi capitali in fuga.

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