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L'eredità di Renzi? Soltanto macerie

Italicum, Jobs Act e Buona Scuola i provvedimenti chiave a rischio smantellamento

L'eredità di Renzi? Soltanto macerie

Roma Il 2017 che sta per iniziare porterà con sé gli effetti di trascinamento dei provvedimenti varati dal governo Renzi, ma rimasti in mezzo al guado o per effetto dei provvedimenti della magistratura o a causa della loro sostanziale incompiutezza. L'elenco non è breve e le materie sono le più disparate giacché si spazia in molti settori: dalla riforma delle Popolari e della pubblica amministrazioni al Jobs Act passando per la legge elettorale e la «buona scuola». C'è, però, un dato di fondo che unisce queste legge così diverse fra loro: l'incapacità ormai conclamata di Matteo Renzi di dar corso ai suoi propositi perché abbagliato dalla brama di piacere a tutti e di non scontentare nessuno. È chiaro che con questi presupposti si governa male, anzi malissimo.

La prima urgenza è rappresentata dal dossier delle banche popolari. Nel 2015, tramite decreto, si era imposta la trasformazione delle maggiori (sopra gli 8 miliardi di attivi) in società per azioni in modo da aprirle maggiormente al mercato. Il Consiglio di Stato si esprimerà il 12 gennaio sia sul tema del cambiamento forzoso di ragione sociale che sul recesso (il conquibus da garantire ai soci che vogliono uscire), ma prima il governo, non avendolo fatto né col salvarisparmio né col Milleproroghe, dovrà decretare un rinvio dei termini che scadono oggi e che non sono stati rispettati dalle Popolari di Sondrio e Bari.

L'11 gennaio, invece, la Consulta si esprimerà sull'ammissibilità dei referendum sul Jobs Act con i quali la Cgil chiede la reintroduzione del divieto di licenziamento senza giusta causa e l'abolizione dei voucher. In questo caso, la responsabilità dell'ex premier non è nell'intromissione indebita (come in ambito bancario), ma nell'impreparazione. L'attuazione della riforma del lavoro è stata troppo scaglionata lasciando per ultimo la parte più importante: l'Agenzia nazionale per il lavoro che avrebbe dovuto coordinare domanda e offerta. Così, esauritisi gli incentivi alle assunzioni, la disoccupazione ha smesso di calare e il risentimento della sinistra sindacale ha prevalso. E il governo Gentiloni non può far altro che cercare di salvare il salvabile presentando ricorso contro la consultazione.

Il 24 gennaio, invece, è previsto il pronunciamento della Corte Costituzionale sull'Italicum, la quintessenza della hybris renziana. La legge elettorale, infatti, oltre a essere molto simile al troppo vituperato Porcellum a livello di premio di maggioranza, era stata cervelloticamenteensata solo per la Camera ritenendo Matteo di portare a casa facilmente la riforma costituzionale. La sconfitta del 4 dicembre ha smontato tutto, la Consulta dovrebbe solo dare il colpo di grazia. Ora il problema sarà trovare una quadra in Parlamento fra un proporzionale corretto e il ritorno al Mattarellum che, però, non garantirebbe governabilità a causa della variabile impazzita grillina.

Non sono queste le uniche macerie che Renzi ha lasciato. Ad esempio, la tanto sbandierata «buona scuola» ogni giorno perde un pezzo. Depotenziato il ruolo di supermanager dei presidi, il neoministro Fedeli ha siglato un accordo con i sindacati per facilitare i trasferimenti dei prof assunti in ruolo, possibilità che Renzi aveva bloccato per tre anni per evitare il solito esodo dal Nord verso il Sud.

D'altronde, se neanche la tanto decantata riforma della Pa del ministro Madia è rimasta in piedi (anche il taglio delle partecipate è passato in cavalleria) , tranciata dalla Consulta, non ci si poteva aspettare nulla di meglio.GDeF

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