Coronavirus

Paura sui nuovi indici. La Lombardia trema, il Veneto rassegnato: "Verso la zona rossa"

Fontana: "Tutti i parametri peggiorano, presto altre restrizioni". E Zaia: "Abbiamo problemi"

Paura sui nuovi indici. La Lombardia trema, il Veneto rassegnato: "Verso la zona rossa"

«Stiamo peggiorando in tutti i parametri. La situazione deve essere monitorata e tenuta sotto controllo con grande attenzione. Mi auguro sempre che questi numeri si invertano, che l'indice Rt e quello dei ricoveri si abbassino. Questo è un auspicio. Ma se così non dovesse essere, il rischio della zona rossa è più che concreto». Il governatore Attilio Fontana avverte i lombardi parlando a Sky Tg24. «La scorsa settimana - aggiunge - l'indice Rt ha avuto un improvviso innalzamento: abbiamo finito la settimana precedente a 1 e la scorsa settimana siamo passati a 1,24. Tenendo conto dei nuovi parametri introdotti dal governo poco prima di Natale, ci stiamo avvicinando sicuramente alla zona rossa». Fontana sottolinea inoltre: «È chiaro che se ci fosse un passaggio alla zona rossa si proseguirebbe automaticamente con la didattica a distanza al 100 per cento per le scuole superiori».

Anche Luca Zaia ha parlato della situazione in evoluzione e delle prossime decisioni del governo. «Il Veneto ha i suoi problemi, certo c'è una forte pressione ospedaliera, ma non è il lazzaretto d'Italia», ha sottolineato il governatore veneto. Ancora: «Questa faccenda del numero assoluto di positivi è una farsa. Noi facciamo più tamponi e troviamo più positivi, non possiamo paragonare il Veneto che fa 60mila tamponi al giorno con chi ne fa 400. E per quanto riguarda il tasso di ospedalizzazione il Veneto è al quinto posto dietro ad altre quattro Regioni». Quindi «il Veneto avrà le restrizioni che dovrà avere rispetto all'andamento dell'epidemia, ma la decisione dovrà essere presa con parametri uguali per tutte le regioni. Oggi (ieri, ndr) al tavolo con il governo questo è stato chiaro e lo ha sottolineato lo stesso ministro Speranza». Ha concluso Zaia: «Tutti i colleghi governatori condividono che ci deve essere una posizione univoca, una fonte scientifica. Noi abbiamo chiesto solo che i dati siano uniformi». Spiega invece il presidente della Liguria, Giovanni Toti, di aver chiesto «ristori certi e immediati per sopravvivere» per le categorie più colpite. E «criteri più semplici, comprensibili e rapidi per attribuire le zone di rischio. Inoltre ho detto all'esecutivo di essere contrario al divieto di asporto per ristoranti e bar dopo le 18: queste attività, pur potendo continuare con le consegne a domicilio, rischiano di essere penalizzate ancora di più, dopo aver già subito pesanti restrizioni». Bene al contrario per Toti «l'introduzione di una zona bianca, come avevamo proposto già oltre un mese fa». L'assessore al Commercio dell'Emilia Romagna, Andrea Corsini, si oppone allo stesso modo ai paletti al take away: «Non penalizzare la grande maggioranza dei gestori, che lavorano in sicurezza. Piuttosto si facciano massicci controlli su quelli che permettono o favoriscono assembramenti». Per il presidente facente funzioni della Calabria Nino Spirlì infine, «forse sarebbe il caso che tutta l'Italia, come è stato lo scorso anno in primavera, fosse in una zona unica».

Perché, dice a Oggi è un altro giorno su Rai 1, «questa zonizzazione dell'Italia non fa altro che creare sperequazioni incredibili, si crea quasi un motivo di comparazione indegna tra le Regioni per stabilire quale si comporta meglio e quale si comporta peggio, quando sappiamo che in realtà è il virus che decide e non sempre il comportamento della gente».

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