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Renzi, macigno sul dialogo: "Chi ha perso non governa"

L'ex premier: nessun senatore Pd voterebbe la fiducia a Di Maio. Poi lo provoca: «Vediamoci in streaming»

Renzi, macigno sul dialogo: "Chi ha perso non governa"

Il titolo dei giornali di oggi lo fa lui: «Siamo seri: chi come noi ha perso le elezioni non può andare al governo».

Camicia bianca e giacca blu, Matteo Renzi torna in tv per la prima volta dopo le elezioni, e - ospite di Fabio Fazio su Rai1 - chiude il forno Pd agli appetiti di Luigi Di Maio: il Pd «non vota la fiducia a un suo governo». «Non saremo badanti dei 5 Stelle», rincara. Tocca a «chi dice di aver vinto» di provare a mettersi d'accordo e fare un governo. Se poi fallissero, si aprirebbero due strade: o il voto («e non so se a loro convenga») oppure una sorta di grande accordo per «riscrivere le regole tutti insieme».

Una legislatura costituente, che tocca ai «presunti vincitori» prova a proporre: «Vogliono far partire la Terza Repubblica, come dicono? Siano capaci di fare una proposta per il Paese». Un governo per le riforme che duri «un anno, un anno e mezzo, due anni. Con quale formula? Deciderà il presidente della Repubblica quale è la forma migliore».

Partendo dal riconoscimento di un errore. Perché, dice Renzi, lo stallo che si è creato dopo il voto «è la dimostrazione che da quando abbiamo perso il referendum costituzionale il paese è bloccato». E forse «è arrivato il momento di dire che avevamo ragione a voler cambiare il sistema». Quindi tornare a quel progetto: una sola Camera che dà la fiducia, un sistema elettorale a doppio turno: «Per restituire ai cittadini il potere di decidere chi governa». Il problema dello stallo italiano «non è nato il 4 marzo, ma il 4 dicembre sul referendum sul futuro dell'Italia», sottolinea Renzi. E Salvini e Di Maio, alfieri del no, «avrebbero invece avuto tutto l'interesse» a votare per il sì, osserva l'ex premier. Quindi: «O fanno il governo i populisti che hanno vinto o facciano loro una proposta di riforma costituzionale». Altrimenti l'Italia è destinata a «perdere colpi in Europa e nel contesto internazionale». È questa dunque l'alternativa che propone Renzi: niente appoggio del Pd per portare a uno dei vincitori i voti che gli mancano. Ma disponibilità ad intese larghissime che abbiano al centro un progetto di riforma. «Noi su questo saremo disponibili».

Quanto alle richieste di incontro con i Cinque Stelle, il Pd non dice no: «Si incontrano Kim e Moon, possiamo incontrarci anche noi e Di Maio. Anzi, li sfido a farlo in streaming questo incontro, così chi chiariscono se hanno cambiato idea sui vaccini, o sulla Tav o sull'Ilva». Ma l'idea che i Dem sconfitti votino un governo Di maio «sarebbe una presa in giro» degli elettori: «Non possiamo far passare il messaggio che il 4 marzo è stato uno scherzo: sette italiani su 10 hanno votato il centrodestra o i Cinque Stelle. Il governo lo faccia chi ha vinto, altrimenti vorrebbe dire che i giochetti dei caminetti romani contano più del voto degli italiani». E il Pd non ci sta a fare da «alibi» a Di Maio, quando «dovrà spiegare al Sud che non è riuscito a dare il reddito di cittadinanza».

La replica di Di Maio è secca: «Il Pd non riesce a liberarsi di Renzi nonostante l'abbia trascinato al suo minimo storico prendendo una batosta clamorosa. Altro che discussione interna al Pd. Ci abbiamo provato, decide ancora tutto Renzi col suo ego smisurato».

Alla vigilia della Direzione, chiamata giovedì prossimo a decidere se aprire un tavolo con i grillini, Renzi offre una via d'uscita che potrebbe mettere tutti d'accordo. E lancia anche un messaggio alla nomenklatura del suo partito: «Smetta di litigare al proprio interno. Io non sono più segretario, ma sono stato massacrato per cinque anni; qualsiasi cosa io facessi o pensassi di fare, avevo l'opposizione interna che non si preoccupava di Salvini o Grillo, ma si preoccupava di attaccare me. E a forza di attaccare me è arrivato l'altro Matteo. È arrivato Salvini».

Quanto ai 5stelle, Renzi li invita ad emanciparsi dal controllo della Casaleggio: «Stracciate quel contratto con una società privata: siete dei parlamentari e dovete esercitare la vostra funzione con onore».

E c'è anche una sfida a Roberto Fico, nella bufera sulla colf pagata in nero: «Invece di raccontare che faceva della beneficenza e lei si sdebitava lavorando, è meglio che venga in Parlamento a chiarire».

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