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Saviano questa volta insulta i poliziotti: "Ormai siete il servizio d'ordine di Salvini"

La replica dura degli agenti: «Noi serviamo il Paese, non interessi politici»

Saviano questa volta insulta i poliziotti: "Ormai siete il servizio d'ordine di Salvini"

Forse polemizzare con il ministro dell'Interno non gli basta più. E allora Roberto Saviano con una disinvoltura stupefacente carica a testa bassa la polizia. Tutte le critiche, se formulate con equilibrio sono sacrosante, ma qui la rabbia porta lo scrittore molto in là: nelle sabbie mobili della delegittimazione di un corpo che è baluardo dello Stato. Anche a Casal Bruciato, periferia disperata e incattivita di Roma dove la cronaca fa paura. Ma mettono i brividi anche le artigliate twittate da Saviano: «Una riflessione merita anche la condizione in cui il ministro ha ridotto la polizia di Stato». Testuale. «Un servizio d'ordine - prosegue l'intellettuale - a disposizione della campagna elettorale di un partito. Uomini costretti a sequestrare striscioni a persone anziane, a sequestrare telefonini che turbano la grave forma di selfite del ministro. Che pena». Insomma, per Saviano la polizia sarebbe pongo nelle mani del titolare dell'Interno che la sfrutterebbe come una milizia privata per i propri interessi. Contigui in qualche modo a quelli di Casa Pound e della destra più settaria e incendiaria. Parole inaccettabili, fuori tono, ancora di più perché inserite in un contesto che l'autore di Gomorra dipinge nero come la pece per la democrazia. E in cui Salvini ha per Saviano responsabilità pesantissime: «Si ha l'impressione che cerchi di non indispettire i cani feroci di CasaPound che ormai sentono di non avere limiti: squadristi che minacciano donne e bambini che sono nel loro pieno diritto, ma colpevoli di etnia diversa».

Per lo scrittore in questo modo si alimenta il grande falò che rischia di travolgere in quello spicchio di terra infelice le linee guida della nostra democrazia. Fino agli insulti alla Raggi per l'assegnazione di una casa a una famiglia rom. Ma la sua inattesa mitragliata rende incandescente una situazione già tesissima. Dentro un perimetro in cui si smarriscono i punti di riferimento della comunità. «La polizia di Stato - è la replica per le rime - serve il Paese e non è piegata ad alcun interesse di parte. Chi sbaglia paga nelle forme previste dalla legge. Che pena leggere commenti affrettati e ingenerosi per dispute politiche o per regolare conti personali». Così l'ossessione di Saviano per Salvini, prontamente contraccambiata dal leader della Lega, viene superata da una polemica sgangherata che colpisce le istituzioni. «Le parole del ministro della Malavita sui fatti di Casal Bruciato sono troppo ambigue», insiste lo scrittore. Ma il fatto che incroci le spade con Salvini un giorno si e l'altro pure è una cosa, puntare il dito contro la polizia che non appartiene ad alcun partito ma è scudo della legalità può portare lontano. Troppo lontano. Appunto nella grande palude della delegittimazione, dove l'ordine civile può sbiadire.

Certo, quel che sta accadendo a Casal Bruciato non è una pagina d'oro per il nostro Paese sempre più inferocito e sospinto verso forme striscianti di razzismo. Ma tirare dentro in questa grande mischia che non accenna a placarsi le forze dell'ordine è un atto sconsiderato. Saviano dovrebbe riflettere sulla propria storia e fermarsi in una discesa umiliante per tutti quelli che hanno a cuore il bene comune.

E non solo l'altalena dei sondaggi in vista delle elezioni.

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