Gerusalemme capitale

Schiaffo Onu a Trump: su Gerusalemme votano contro in 128

Solo in 9 con gli Stati Uniti, 35 gli astenuti L'ambasciatrice Haley: «Ce ne ricorderemo»

Schiaffo Onu a Trump: su Gerusalemme votano contro in 128

L'America è sempre più isolata all'Onu su Gerusalemme. Dopo lo schiaffo in Consiglio di Sicurezza, dove gli Usa hanno bloccato con il veto la risoluzione anti Trump, per Washington è arrivata una nuova sconfitta in Assemblea Generale. Il consesso più ampio delle Nazioni Unite ha approvato a larga maggioranza (con 128 voti a favore, 9 contrari e 35 astensioni) il documento che di fatto condanna la decisione del presidente Donald Trump di riconoscere la Città Santa capitale di Israele. Il testo è la fotocopia di quello dell'Egitto bocciato in Cds lunedì, e afferma come «le decisioni e le azioni che pretendono di alterare lo status di Gerusalemme non hanno alcun effetto giuridico, sono nulle e devono essere annullate in conformità con le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza».

I documenti dell'Assemblea non sono vincolanti, ma il peso politico è rilevante. Tanto che alla vigilia The Donald ha minacciato di tagliare i fondi ai sostenitori della mozione: «Lasciamo che votino contro di noi, salveremo un sacco di soldi». In realtà, tra i Paesi che ricevono più aiuti dagli Usa, quasi tutti hanno votato a favore del provvedimento. La sconfitta non è stata clamorosa come ci si aspettava, ma lascia comunque gli Usa più soli sul palcoscenico mondiale. La mossa del Commander in Chief è stata duramente criticata da molti alleati, non solo tra i Paesi arabi, ma anche tra gli europei: ieri in 22, inclusi Italia, Francia, Germania e Regno Unito, hanno votato sì. Tra gli astenuti Repubblica Ceca, Ungheria, Croazia, Bosnia e Romania.

Il risultato ha scatenato l'ira di Washington: «L'America sposterà la sua ambasciata a Gerusalemme, è la cosa giusta da fare. Nessun voto farà cambiare tale proposito, ma questo è un voto che gli Stati Uniti terranno a mente», ha tuonato l'ambasciatrice al Palazzo di Vetro, Nikki Haley, esprimendo tutto il disappunto dell'amministrazione. «Lo ricorderemo quando saremo chiamati ancora una volta a dare maggiori contributi alle Nazioni Unite - ha continuato - Gli Usa sono il principale contributore, ma se i nostri investimenti falliscono, allora abbiamo l'obbligo di destinare le nostre risorse a cose più produttive». Ribadendo poi che la decisione di Trump «non pregiudica lo status finale di Gerusalemme, non pregiudica la soluzione dei due stati e non danneggia gli sforzi di pace. Ma è un nostro diritto scegliere dove avere un'ambasciata».

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu da parte sua ha ringraziato Trump e Haley, definendo l'organizzazione internazionale «la casa delle bugie. Gerusalemme è la nostra capitale. Continueremo a costruirci e le ambasciate dei Paesi esteri, a cominciare dagli Usa, si trasferiranno in città».

Durissime le parole pronunciate prima del voto dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu: «Uno stato membro dell'Onu ha minacciato gli altri, ci hanno chiesto di votare no o avremmo affrontato delle conseguenze. Questo atteggiamento è inaccettabile, un atto di bullismo». Mentre da Ankara il presidente Recep Tayip Erdogan ha affermato di sperare che venisse «impartita una lezione» agli Usa.

E il ministro degli Esteri palestinese, Riad Malki, ha definito la scelta di Trump «un'aggressione alla nazione araba e ai musulmani nel mondo».

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