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La caduta degli dei (della Rete) è uno show da Satyricon Valley

Un romanzo-invettiva smitizza Steve Jobs & Co. E dà la sveglia al popolo drogato di "click" e "like"

La caduta degli dei (della Rete) è uno show da Satyricon Valley

Christine vedeva tutti i fondatori e i personaggi chiave della Silicon Valley come nuovi dèi, come i Nuovi Dèi creati da Jack Kirby mentre lavorava su commissione per la DC Comics, e li aveva classificati di conseguenza. Larry Page, l'amministratore delegato e cofondatore di Google, era come Efesto, perché Efesto era il dio disabile degli artigiani e dei creatori. Efesto era un dio declassato, proprio come Larry Page era un amministratore delegato declassato che aveva ripreso il controllo della società nel 2011 e l'aveva costretta a lanciare una piattaforma social che, a detta di tutti, era pessima. Poi Larry Page aveva comprato la Motorola, un'azienda produttrice di cellulari che stava perdendo soldi e aveva continuato a perderne a fiumi. Christine non lo sapeva, ma nel 2014 Google avrebbe venduto Motorola con una perdita di 12.000.000.000 di dollari. Proprio come Efesto si era sposato con Afrodite per salvare le apparenze, Larry Page era considerato un bravo amministratore delegato perché il core business di Google, la pubblicità, faceva così tanti soldi che nessuno notava che lui era pessimo nel suo lavoro e agiva in base al principio che una crescita senza controllo era una strategia di successo per il futuro.

Sergey Brin, l'altro cofondatore di Google, era come Dioniso, il dio del sesso, delle droghe e dei bagordi. Sergey Brin si era messo a capo di Google X, l'insensato laboratorio sperimentale di Google che sviluppava strambe tecnologie che rispondevano alle mode del momento, come computer indossabili, macchine senza conducente e cani che non avevano bisogno di pulirsi i genitali. Queste tecnologie non portavano a niente. Erano visioni banali del futuro come se lo immaginavano i fan della fantascienza. Google era un'agenzia pubblicitaria. Tutte le volte che lanciava un prodotto materiale, quel prodotto falliva. Il vero scopo di Google X era pubblicizzare la visione mitica di Google come azienda innovativa. Google X era Google che mentiva sulla vera funzione di Google, usando i metodi della pubblicità per nascondere che i suoi guadagni derivavano dalla pubblicità. Google X era il giocattolo insensato di uno degli uomini più ricchi del mondo. Era l'hobby di Sergey Brin. Era il suo modo goffo di rimorchiare le ragazze. Era il vertice assoluto della smodatezza. Sul piano pratico Sergey Brin aveva lasciato Google. Era un festaiolo di mezza età che aveva strane amanti e l'abitudine di andare al Burning Man tutti gli anni ad agosto. Il Burning Man era una grande festa che si svolgeva nel deserto, dove Sergey Brin faceva finta che i soldi non contassero e che lui non fosse un capitalista. Si circondava di persone più giovani, nude e fatte come pigne, che si conciavano come artisti del circo da strapazzo e che erano felicissime di trovarsi accanto a un personaggio famoso.

Eric Schmidt, che Brin e Page avevano nominato amministratore delegato di Google per un tempo sufficiente a guidare l'azienda nel periodo del suo lancio in borsa, era come Zeus, il re degli dèi. Eric Schmidt era l'uomo dietro le scene, il motore immobile, quello che stringeva accordi con il governo, la CIA e la NSA, quello che lavorava in varie commissioni presidenziali e teneva le fila dei rapporti dell'azienda con Washington. Adorava la vicinanza al potere che Google gli offriva. Al pari di Zeus, era strano ed enigmatico come nessun altro. Era sempre presente, ma era impossibile conoscere il suo vero volto. E non ci addentriamo nella sua complicatissima vita amorosa, la cui gestione richiedeva uno scopatoio sull'isola di Manhattan.

Susan Wojcicki era la sorella di Anne Wojcicki, la moglie di Sergey Brin, ed era la vicepresidente del dipartimento della pubblicità. Lei era come Demetra, la dea dei raccolti e delle messi. Era stata lei ad aver permesso a Sergey Brin e a Larry Page di fondare Google nel suo garage, ed era sempre lei a reggere le fila di tutto, visto che era a capo della pubblicità, che era la fonte di tutti i guadagni. Susan Wojcicki avrebbe voluto fare l'artista ed era ancora più enigmatica di Eric Schmidt. Nessuno sapeva molto di lei e questo a Christine ricordava i misteri eleusini, che erano avvolti nell'oscurità.

E poi c'era il buon vecchio Steve Jobs, meglio noto come Ade. E non solo perché era morto e stava marcendo nei recessi umidi dell'oltretomba, condannato indefinitamente a guardare immagini di operai poverissimi proiettate sulle pareti rocciose dell'oblio. Fondamentalmente Steve Jobs era Ade perché Ade era un coglione fatto e finito. La caratteristica distintiva di Steve Jobs era l'unione della sua innata coglionaggine con la superbia impalpabile della Bay Area. Questa felice unione aveva generato un manto di oscurità che aveva ricoperto tutto il mondo occidentale. Steve Jobs era cresciuto leggendo «The Whole Earth Catalog», una pubblicazione nella quale si sosteneva che, spendendo i propri soldi nel modo giusto, si poteva diventare il tipo giusto di persona. Questo era il mantra dell'economia mondiale del secondo dopoguerra, un'ideologia tacita che attraversava tutte le classi sociali. Ma visto che «The Whole Earth Catalog» era nato nella Bay Area dopo la morte di numerosi ideali utopistici, il tanfo del suo messaggio era mascherato da patchouli, incenso e da un'esilissima spiritualità orientale da libretto in edizione economica. Era un nuovo tipo di marketing, destinato all'aspirante borghese insicuro. Steve Jobs lo aveva trangugiato, lo aveva cacato e si era trasformato in Ade, l'unico dio a cui non si poteva sfuggire. La sua promessa era semplice: la scelta è tua. Puoi morire brutto e disprezzato oppure puoi comprare computer dai prezzi esorbitanti e iPod, ascoltare il primo Bob Dylan e uscire dalla ruota del Samsara. La tua fondamentale mancanza di creatività verrà mascherata dall'appartenenza a un gruppo.

Le persone penseranno che tu sia bello, interessante e illuminato.

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