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Accordo tra Inter e Milan per chiudere San Siro e costruirne uno nuovo

I nerazzurri sulla scia dei cugini, anche se il Comune preferirebbe ristrutturare il Meazza

Accordo tra Inter e Milan per chiudere San Siro e costruirne uno nuovo

Milano Addio alla Scala del Calcio, uno degli stadi più conosciuti, inserito al secondo posto nella classifica dei più belli al mondo dal Times. Tutto vero, è fuga dal Meazza. Per buona pace dei nostalgici, affossati in un passato che di certo insegna ma che non viaggia al passo con i tempi.

Milan e Inter hanno deciso, non giocheranno più a San Siro. Quando, è ancora da definire. Ma si tratta solo di questione di tempi e burocrazia, come ammesso dal Sindaco di Milano, Beppe Sala: «Preferirei che si lavorasse sul Meazza, ma se le squadre vorranno optare per un progetto diverso ce lo dicano». Chissà se qualcuno avrà pensato a Piero Pirelli, Alberto Cugini e Ulisse Stacchini, al secolo promotore, ingegnere e architetto di San Siro. Tre persone che diedero vita ad una storia quasi centenaria, per quello che viene a detta di tutti riconosciuto come uno dei simboli di Milano assieme al Duomo e alla Triennale.

Il tutto iniziò il 19 settembre 1926, con un pirotecnico 6-3 tra Inter e Milan; ma l'essere un tempio del calcio mondiale, oggi, non basta più. Servono impianti che vivano tutti i giorni e che siano macchine da soldi. Motivo per il quale i due club hanno deciso di costruirne uno nuovo limitrofo all'attuale, nella zona dei parcheggi e non più sull'area dell'ex ippodromo del trotto che Snai da tempo tenta di vendere. Certo, il fascino di San Siro, dei tanti campioni che hanno calcato quel prato celebre e degli innumerevoli trofei vinti da Milan e Inter verrebbe meno: sentimentalismi, direbbe qualcuno. Ma la verità è che non si tratta più soltanto di suggestioni di manager vogliosi di replicare format vincenti (vedi Gazidis e l'Emirates Stadium dell'Arsenal), ma di fatturato.

Uno stadio a fianco di quello che c'è già, dunque: «Inter e Milan stanno lavorando da parecchi mesi insieme, i tempi sono maturi. La città ha bisogno di un impianto all'altezza delle principali città europee», le parole dell'ad nerazzurro, Alessandro Antonello.

La data di fine lavori è già stata individuata: 2023. E d'un tratto tutto quello che sappiamo di San Siro diventerebbe passato, archivio, vintage. Certo, forse qualcuno dovrebbe ricordare a chi di dovere che la nazionale italiana, ad esempio, al Meazza non ha mai perso (31 vittorie e 13 pareggi); o che l'Inter ci ha vinto una Coppa Campioni (27 maggio 1965, 1-0 al Benfica) e due Coppa Uefa (1991 e 1994, rispettivamente contro Roma e Salisburgo). E che dire del Milan, che quando ancora la Supercoppa europea non veniva assegnata in gara unica su campo neutro, qui la vinse due volte. Un elenco infinito, per un impianto divenuto celebre anche grazie a rugby (nel 2009 contro la Nuova Zelanda si registrò l'affluenza più alta in Italia, 80mila persone) e concerti (da Bob Marley a Bob Dylan, fino ai Duran Duran e Vasco Rossi).

Ma con l'addio di Milan e Inter, c'è da chiedersi cosa deciderà di fare il Comune di Milano: abbattere un colosso come San Siro ha costi enormi, ma l'idea che possa sopravvivere a 100 metri da un'altra struttura simile appare alquanto malsana.

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