DOMANDE & RISPOSTE

Barbara Strauch, oltre a essere caporedattore «Medicina e Salute» al New York Times, ha anche diretto, quando lavorava al Newsday, uno staff vincitore del premio Pulitzer.
Dottoressa, tutto tranquillo sul fronte neuronale dei cinquantenni?
«Dire di sì. Un tempo la scienza riteneva che il 30 per cento delle nostre cellule cerebrali andasse perduto con l'età. Oggi sappiamo che non è così».
Grazie a quali strumenti?
«Vi sono nuove tecniche, una è l'immaginografia cerebrale che consente di vedere per la prima volta dentro il cervello e scoprire le aree attive e inattive, le aree in declino e quelle che si mantengono. Abbiamo dati anche dagli studi longitudinali, lo standard di riferimento per la ricerca, che sorvegliano le stesse persone per molti anni e misurano le loro funzioni cognitive».
Cinquant'anni e non sentirli?
«Quasi. La maggior parte di noi pensa che il massimo livello di intelligenza si raggiunga all'università e nei master. Un amico che ha fatto la specializzazione in ingegneria a Stanford mi ha detto che, ora che è un cinquantenne, sarebbe “fritto“ se provasse a frequentarla ora. In realtà è il contrario. Il cervello, se lo alleniamo e non è attaccato da malattie, non perde pressoché nulla».
Eppure c'è in giro parecchia ansia a riguardo.
«Ansia sociale.

In alcune professioni, per esempio quelle che hanno a che fare con la legge, come giudici e avvocati, essere anziani è un bene: la capacità di giudizio è l'elemento chiave. Pur necessitando di cervelli giovani per la loro agilità e per la loro capacità di stare svegli una notte intera, un pianeta pieno di cervelli equilibrati di mezza età non è cosa cattiva».

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