Cronache

Nella tana della belva che ha stuprato Desirée: "Questo è il luogo degli orrori"

Viaggio del Giornale.it nel centro pugliese e nella baraccopoli dove c'è il coprifuoco alle cinque della sera

Nella tana della belva che ha stuprato Desirée: "Questo è il luogo degli orrori"

Sospeso tra il nulla e la poesia, Borgo Mezzanone lascia la sua voce di tenebra alle donne: “Quando mi chiedono dove vivo, rispondo: in campagna. Mi vergogno di dire che sono di questo paese”. Chiara (nome di fantasia perché qui a Borgo Mezzanone vige la regola del silenzio) guarda sopra le spalle della cronista che l'interroga su questo fazzoletto di terra e di case racchiuso in un pugno, come il crocefisso durante una preghiera. Guarda e sembra inseguire una luce lontana. Come si è sentita quando ha saputo di Yusif Salia, arrestato per l'omicidio di Desireè nella borgata di San Lorenzo a Roma? “Lo hanno trovato alla pista, sì, l'ho saputo. Si era nascosto lì. Io e le mie amiche ce lo ricordiamo. Un orrore”.

La fuga di Yusif Salia non sorprende. Le donne di Borgo Mezzanone si sentono circondate: “Un orrore. Oggi è diventato un luogo dell'orrore, alle cinque della sera c'è già il coprifuoco” ammette Maria (anche di lei eludiamo il vero nome), occhi chiari come il cielo di questo pezzo di Puglia dove i campi e la fatica hanno avuto sempre un peso decisivo, sin da quando nacque il villaggio in ricordo di Raffaele La Serpe, camicia nera caduta durante il tentativo di occupazione della Camera di Lavoro di San Severo nel 1921 (Borgo La Serpe, poi Mezzanone, viene fondato ufficialmente nel 1934).

I cittadini si sentono in gabbia. Persino i cani, annusandoci, sembrano voler chiedere increduli: “Perché siete qui?”. Borgo Mezzanone è come una scacchiera dove i pezzi del paese sembrano scomporsi e ricomporsi a ogni scossone della cronaca. Qualche giorno fa Yusif Salia, oggi l'incendio di numerose baracche della famigerata “pista”, dopo l'esplosione di alcune bombole di gas; degli immigrati accoltellati o comunque aggrediti si è perso il conto. La “pista” è un luogo su cui corre la vita, subito dopo la morte, di là dal cimitero. Una strada sterrata, da “rally” come suggerisce qualcuno addolcendo metafore. La pista “guarda” Borgo Mezzanone e viceversa, come in un gioco di specchi deformanti. Bastano due giorni di pioggia per diventare fango, due giorni di sole per essere steppa. In mezzo un'umanità o quel che resta, che prova a resistere. Il Cara no, il centro per i richiedenti asilo sta dentro questa scacchiera scomposta, facendo, tuttavia, vita a sé, proteste a parte (e ce ne sono state anche di violente negli ultimi tempi).

Sospeso tra il nulla e la poesia Borgo Mezzanone, ce lo ricorda il titolo di un libro lasciato sul tavolo del presidio Asl. Il nulla insegue la poesia. Perché resiste, malgrado tutto, una poesia che è la bellezza dell'ineffabile Gargano, il cui abbraccio ancora pieno di speranza cinge il paese da lontano. Il Gargano, la Terra Santa d'Italia, il luogo mistico di San Pio, anzi Padre Pio da Pietrelcina, il santo della forza nella fede. Regalano, questi monti incombenti, un riflesso di bellezza: i fenicotteri rosa, lo stagno in cui si abbeverano, l'oasi di Lago Salso. Tutto in fila, come il giro di una preziosa collana, tra Borgo Mezzanone e Manfredonia, cioè il mare, cioè l'orizzonte che qui sembra nascosto ma lo vedi dove il destino vuole che si veda: lungo la striscia quasi infinita della baraccopoli. La fede è scandita dal rintocco delle campane. Chiamano a messa anche chi vive alla “pista” ci racconta padre Abel catapultato qui a fare il parroco: “Alla celebrazione partecipano i cristiani della baraccopoli, leggono il Vangelo”.

Ma se sei sospeso tra nulla e poesia, come su un pendolo, l'esistenza fa sbocciare paradossi. Cos'è un migrante che arriva al mattino a Borgo Mezzanone per poi tornare alla “pista” in bus il pomeriggio? L'invasore, certo. “Però grazie agli immigrati abbiamo ottenuto il centro unico di prenotazione e i nostri anziani possono prenotare le visite mediche senza dover raggiungere Foggia” ci dice un operatore della Misericordia, la confraternita di assistenza sanitaria. Nel presidio poliambulatoriale operano un'ostetrica, un ginecologo e un pediatra e, due volte a settimana, due medici di base. Cos'è l'immigrato? Addirittura un pezzo di “arredo urbano”. Li vedi sciamare a frotte vicino il giardino pubblico in degrado, sedere sulle panchine, poi rincorrere l'autobus per Foggia e ascolti al bar un uomo, mentre sorseggia il caffè: “Sembra New Orleans d'estate, con i neri sulle panchine”. Dalla città dei container ormai case permanenti, questo è diventata “la pista” di Borgo Mezzanone, si muove ogni giorno un'Africa in miniatura. Cercano lavoro percorrendo l'unica linea autobus a disposizione. Sono tanti e in paese ritorna quell'immagine. Non più le panchine ma i mezzi pubblici: “Quegli autobus? Pare l'America ai tempi di Martin Luther King”.

Non è solo l'uomo nero ad allarmare. Anche chi ha radici ben salde in questa terra contribuisce a far oscillare il pendolo verso il nulla. Sono ancora le donne ad avere il coraggio della parola: “Gli sfrattati di Foggia giunti qui hanno avuto la casa, rivendendola poi ai bulgari e ai rumeni anche a mille euro”. Ghetti su ghetti, ghetti nei ghetti. E la normalità che svanisce come in un lungo tramonto di speranze polverizzate in dissolvenza: “Prima c'era la farmacia – ricorda Chiara – e c'era la pizzeria. Ora non c'è più niente”.

Il nulla è la via di polvere verso la “pista”, percorrendola si ripensa ai tragici episodi succedutisi e si ha l'idea di una strada tra la vita e la morte e si ricorda, al di là della cronaca nera, il dramma dello sfruttamento dei migranti alla ricerca di un pezzo di dignità attraverso il lavoro sfiancante nei campi. Un bracciante del Gambia, militò nell'esercito del suo paese per poi fuggire in Europa, ammette candidamente: “I caporali? I nostri sono africani. Io prendo due euro e 50 centesimi l'ora”. Sfruttamento, nelle forme più antiche del mondo. Della prostituzione alla “pista” si sa. Però il “vizietto” non ha colore: “Vengono gli italiani, cercano quelle ragazze”, aggiunge colui che fu un bambino-soldato. Inferni su inferni: prostituzione, droga, sfruttamento. L'alternativa ai delitti sono i campi. E i caporali. Per le forze dell'ordine un lavoro immane. “Ma senza i caporali non ci sarebbe lavoro” chiosa l'uomo che un tempo imbracciò le armi e oggi una zappa per sfuggire alla fame e alla miseria.

Le donne. Ecco la forza delle donne è la forza del racconto di ciò che è Borgo Mezzanone oggi: lontano la poesia, vicino il nulla in questo frenetico oscillare del pendolo tra la vita e la morte. Ironia della sorte, nei giorni in cui il nome di Desireè è un'ossessione per tutto il Paese, la Chiesa, l'Asl e l'onlus “InterSos” avviano a Borgo Mezzanone una campagna di sensibilizzazione proprio per le donne. Titolo inequivocabile: “La salute della donna”. “InterSos” fa girare un poliambulatorio itinerante e assiste le donne nel ghetto. Visite mediche lì dov'era la pista dell'aeroporto, quando, tra gli anni '70 e '80, “Borgo Mezzanone era una bomboniera” ricorda un anziano con nostalgia.

La salute delle donne. Il tentativo disperato di una normalità perduta. La poesia di ogni giorno che cerca di scacciare il nulla, anche dentro un supermercato. “Prima c'era la pizzeria – ripete Chiara senza emozione – e ora...

Ora la focaccia la prepariamo a casa”.

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