Cronache

Terrorismo, così la "rete" di Amri studiava come colpire

Smantellata la rete di Amri Anis, l’attentatore di Berlino che il 19 dicembre del 2016 ha ucciso 12 persone e ferito 56 passanti

Terrorismo, così la "rete" di Amri studiava come colpire

Pronti a colpire, a indottrinare, ad addestrare. A cominciare dagli 80 clandestini di Charada, Tunisia, sbarcati a Lampedusa lo scorso ottobre, da reclutare nell’Isis. Smantellata la rete di Amri Anis, l’attentatore di Berlino che il 19 dicembre del 2016 ha ucciso 12 persone e ferito 56 passanti, oltre al guidatore polacco del camion sequestrato, ferito con un colpo di pistola e poi ucciso a coltellate mentre deviava il mezzo salvando decine di persone. Tutto prima di ripassare il confine italiano e morire in un conflitto a fuoco con la polizia italiana, alla stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni, 4 giorni dopo l’attacco terroristico. Ma chi ha aiutato Amri Anis fornendogli ospitalità (ad Aprilia) e documenti falsi? Secondo gli inquirenti nel suo percorso totale Amri avrebbe usato almeno 14 nomi falsi e tre diverse nazionalità. Ieri la conclusione dell’operazione Mosaico. Su ordine del gip del Tribunale di Roma Costantino De Robbio, la Digos di Roma e di Latina ha notificato il mandato di cattura a cinque stranieri, uno appartenente all’Isis: il sedicente palestinese Abdel Salem Napulsi, 38 anni, già nel carcere di Rebibbia per spaccio di droga, ora accusato di terrorismo internazionale, e quattro tunisini residenti a Napoli, Caserta e Casal Di Principe. Il palestinese, secondo le indagini coordinate dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, sarebbe legato da“consolidati rapporti di amicizia” si legge nell’ordinanza di 68 pagine emessa dalla Procura di Roma, con un tunisino residente a Latina, frequentatore del locale Centro di preghiera islamico, noto per le sue posizioni radicali e individuato come uno dei contatti dell’attentatore di Berlino. I due si erano lasciati andare a considerazioni incentrate su visioni radicali dell’Islam, connotate da una marcata ostilità per gli occidentali e i relativi costumi utilizzando, tra le altre, espressioni del tipo “tagliare la gola e i genitali riferite agli infedeli”.

In un tablet sequestrato nell’abitazione romana di Napulsi, in zona Marconi, tracce della sua attività di auto - addestramento attraverso la visione compulsiva di 16 video scaricati da You tube di propaganda riconducibili al terrorismo islamico e altri riguardanti l’acquisto e l’uso di armi da fuoco tra cui fucili e lanciarazzi del tipo PRG-7. I quattro cittadini tunisini, invece, sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il 32enne Baazaoui Akram, il 52enne Baazaoui Mohamed, il 29enne Baazaoui Dhiaddine e il 30enne Baazaoui Rabie. Nelle intercettazioni Napulsi, che si fa chiamare anche Haythem, parlando di un furgone dice al suo interlocutore, che non si fida del meccanico italiano: “Bravo, adesso mi hai capito, non ti devi fidare di loro perché sono infedeli, gente che non conosce Dio, gente senza parole di valore, tanto se ti vedono morto per la strada non gli importa nulla. Basta andare in vacanza e mangiare il maiale di sua madre”. Eppoi: “Bisogna mettere la loro testa sul tagliere e via e colpire (mozzare la testa) e avanti un altro”. I poliziotti annotano che a entrambi la cosa fa ridere. Poi uno dei due recita il quarto versetto della sura 47 di Muhammad del Corano che dice: ”Quando incontrate i miscredenti colpiteli al collo finché non li abbiate soggiogati”. In altre telefonate i poliziotti della Digos lo sentono lamentarsi della Tunisia perché non vige la Sharia e le donne possono non portare il velo integrale ma anche dell’Italia perché non sopporta la vista di donne “che girano seminude”. L’arrestato, dopo aver appoggiato ciò che afferma l’amico, aggiunge: “Tagliagli la testa e i genitali” provocando risate a non finire. Nell’organizzazione di primo livello, a contatto diretto con l’attentatore berlinese, ci sono Baazaoui Mohamed e Baazaoui Akram, 52 e 32 anni, ai vertici della gestione dei migranti. L’11 ottobre 2017 i due parlano degli 80 ragazzi appena giunti al Centro di prima accoglienza di Lampedusa. Akram chiede a Mohamed se può affittare la casa di una terza persona, Dhia, oppure rivolgersi a un italiano, Matteo. Mohamed risponde di no, che Matteo non è disponibile ad affittare casa e che nessuno lo è. Per la Procura di Roma Abdel Salem Napulsi è accusato di terrorismo perché si è auto addestrato su Internet: oltre ai video di propaganda islamista l’uomo ha scaricato istruzioni sull’uso di carabine ad aria compressa e lanciarazzi, nonché un manuale su come modificare armi in commercio.

Ancora: il palestinese avrebbe cercato di acquistare un furgone tipo pick-up o camioncino, adatto a montare armi da guerra. Gli investigatori della Digos sono arrivati a lui grazie alla rubrica di Anis Amri che nell’estate del 2015 trascorse una decina di giorni ad Aprilia, ospite del suo amico Montassar Yakoubi, conosciuto sul barcone che li portò a Lampedusa nel 2011. Il numero appartiene a Khazri Mounir, spacciatore radicalizzato di Latina. “Attraverso lui - spiegano gli inquirenti - Napulsi manteneva un collegamento diretto con ambienti riconducibili all'Isis”. Le accuse per i cinque sono di addestramento, attività con finalità di terrorismo e condotte con finalità di terrorismo per Napulsi, associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina i quattro tunisini. In contatto con un amico di Amri, i quattro avrebbero fatto entrare illegalmente in Italia un centinaio di connazionali.

A loro, dietro il pagamento di grosse somme di denaro, fornivano carte d’identità e patenti fasulle per proseguire il viaggio verso Francia e Germania. Lo stesso Amri, prima di trasferirsi in Germania, aveva ottenuto da uno di loro, Akram Baazoui, un passaporto falso e un finto permesso di soggiorno

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