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Il "nuovo faraone" durato appena un anno

Il primo presidente del rivoluzionario Egitto, che ha giurato di obbedire solo ad Allah e al popolo, è durato al potere appena un anno. Il Fratello musulmano, che ha abbindolato le cancellerie occidentali, è crollato sull'incapacità di portare l'Egitto fuori dalla crisi politica e soprattutto economica del dopo Mubarak.
L'inizio della fine è coinciso con il tentativo di usurpare i suoi poteri. Dal politico liberale e premio Nobel per la pace, Mohammed al Baradei, si è beccato la sprezzante definizione di «nuovo faraone». Eppure ne ha fatta di strada dal povero villaggio di El Adwa, al nord del Cairo dove è nato nel 1951. Dell'infanzia gli piace ricordare con la stampa che andava a scuola a dorso di mulo. Il futuro presidente eletto e deposto dell'Egitto si laurea in ingegneria al Cairo. Poi va a specializzarsi negli Stati Uniti accompagnato dalla moglie rigorosamente velata, la fedele cugina Naglaa Ali Mahmoud, che gli ha dato cinque figli. Due sono nati negli Usa e hanno anche la cittadinanza americana. Quando rientra in patria nel 1985 inizia ad insegnare ad un'università della capitale e a palesarsi come membro della Fratellanza musulmana formalmente fuorilegge.
Nel 2000 entra in parlamento e dopo l'11 settembre mette in dubbio la matrice di al Qaida dell'attacco alle Torri gemelle. Il regime gli leva il seggio e lo sbatte per alcuni periodi in galera. Durante la rivolta che fa crollare Mubarak torna in carcere il 28 gennaio 2011, assieme al gotha dei Fratelli musulmani liberato due giorni dopo dai loro discepoli. Proprio Morsi chiama in diretta al Jazeera annunciando la fuga in mezzo al deserto.
Nel nuovo partito Libertà e giustizia è il Fratello musulmano dal volto umano, che porta la barba islamica, ma parla inglese e si veste all'occidentale. Lo scorso anno non è il candidato di punta della Fratellanza, ma lo diventa strada facendo grazie a divisioni interne. Il 24 giugno viene eletto democraticamente con il 51,7% dei voti. Washington e le cancellerie europee sono spaccate. Qualcuno considera Morsi un affidabile puntello di stabilità nel caotico Medio oriente. Altri sono convinti che sia un Giano bifronte che aprirà la strada ad una dittatura in nome di Allah. In agosto silura i pezzi grossi delle forze armate come il generale Mohamed Hussein Tantawi. La vecchia burocrazia di Mubarak, a cominciare dai giudici nominati dal Rais deposto, gli rema contro. Morsi piuttosto che dedicarsi alla crisi economica punta ad una Costituzione in nome della sharia e a blindare il parlamento dominato dagli islamici duri e puri. L'impressione, nelle interviste con i giornalisti stranieri, è che il presidente dica quello che l'interlocutore si aspetta. Una tattica consolidata dei Fratelli musulmani che in patria usano un linguaggio ben più acceso, ma fanno la parte degli agnellini meritevoli di fiducia con gli occidentali.
Lo scorso novembre durante le prime manifestazioni di protesta spiega al settimanale Time: «Avete visto i sondaggi più recenti. Penso che più dell'80%, attorno al 90% del popolo sia con me». Pochi mesi dopo milioni di egiziani in piazza spingono l'esercito ad intervenire con un golpe, mentre Morsi annuncia di essere «pronto a morire».
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