Cronaca locale

Il 20% delle donne resta a casa dopo il primo figlio

Da ieri 238 aziende sperimentano la Settimana del lavoro agile. Boeri (Inps): utile alle mamme

Chiara Campo

Il 20 per cento delle donne lavoratrici rimane a casa dopo il primo figlio. «Due anni dopo la nascita rinuncia, e chi continua perde il 15% del reddito tra richieste di part time e peggioramento della carriera lavorativa» è il quadro presentato ieri dal presidente Inps Tito Boeri, a Palazzo Marino per lanciare con l'assessore al Lavoro Cristina Tajani e il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia la «settimana del lavoro agile» a Milano, da ieri a venerdì. Una versione allargata delle due passate edizioni, che si sono svolte in un'unica giornata. E il lavoro agile, la possibilità cioè di svolgere le stesse mansioni in luoghi alternativi all'ufficio, secondo Boeri potrebbe magari non risolvere ma attenuare il problema della bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro. La Madia ha annunciato che (intanto) per gli impiegati nella pubblica amministrazione questa possibilità sarà regolata da una direttiva che il ministro presenterà giovedì in conferenza unificata. Lo smart working o lavoro a distanza «è una grande scommessa per cambiare la Pa perchè conta il risultato, non le ore di lavoro». La direttiva prevede che almeno il 10% dei dipendenti che ne fanno richiesta potranno sperimentare formule di lavoro flessibile senza risentire di tagli dello stipendio o blocchi di carriera».

Da Tim a Vodafone, Nestlè, Unicredit, Siemens, Tamoil, sono almeno 238 le aziende private e pubbliche, gli enti, le associazioni - oltre al Comune e alle partecipate - che già hanno aderito alla settimana «agile». Coinvolti circa diecimila lavoratori che potranno spedire mail o esaminare documenti dal bordo della piscina o dalla cucina di casa, a seconda delle esigenze. Un test utile anche ai datori per scoprire se concedendo più spazio alla conciliazione tra vita e lavoro la produttività dei dipendenti resta allo stesso livello. L'assessore Tajani è convinta che questa modalità «soddisfa chi lavora e rende più competitive le imprese». Sono 72 gli spazi di coworking che si sono offerti come alternativa all'ufficio durante la manifestazione.

Alla fine dell'edizione 2016, che si era svolta in un'unica giornata, è stato testato con un questionario un campione di 2.299 lavoratori che avevano aderito allo smart working. Il 47% erano uomini, il 53% donne - il lavoro agile non è una preogativa «rosa» -, il 30% aveva tra i 25 e 39 anni, la fascia più ampia (60%) tra i 39 e 55, solo il 10% gli over 55. Appena l'1% dei dirigenti si era staccato dalla scrivania, mentre il 35% del campione rientrava nella categoria dei quadri, il 59% impiegati. L'87% aveva scelto di lavorare da casa, il 9% da sedi distaccate, l'1% da uno spazio in coworking. Testati anche gli effetti sull'ambiente. Intanto evitando gli spostamenti casa-lavoro si sono risparmiati 234.937 minuti in una sola giornata feriale, pari a 163 giorni e 4 ore. Evitati 1,943 chili di pm10 nell'aria e 5.

080 litri di carburante.

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