Cronaca locale

"Il carcere non basta". Tribunale condanna un pedofilo a curarsi

Abusò di tre bambine di soli 9, 5 e 2 anni, ma per i giudici la prigione non ha efficacia

"Il carcere non basta". Tribunale condanna un pedofilo a curarsi

Il pedofilo è violento e recidivo. È stato condannato e incarcerato, ma la prigione non è servita a farlo smettere. I giudici quindi gli impongono di curarsi: «Ingiunzione terapeutica». Questa la decisione, presa per la prima volta a Milano in casi del genere, dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale nei confronti di un uomo di 52 anni riconosciuto colpevole di violenza sessuale su alcune bambine.

Il carcere, scrivono nel decreto i giudici presieduti da Fabio Roia, «sul piano rieducativo» non ha avuto alcun «effetto». A causa di un «disturbo della sessualità non controllabile» A.P. ha manifestato una «sistematica ricaduta nel comportamento illecito». Perciò ha bisogno di un percorso di cura che ne limiti le «pulsioni sessuali». Il pedofilo stesso ha dato «piena disponibilità» a essere sottoposto al programma «clinico-terapeutico». Attualmente è in carcere a Pavia. Difeso dall'avvocato Attilio Villa, gli è stato anche diagnosticato un «ritardo mentale». Ora dovrà, su ordine del Tribunale, contattare «immediatamente» il Cipm, Centro italiano per la promozione della mediazione, il cui presidente è il criminologo Paolo Giulini.

La vicenda giudiziaria del 52enne è ricostruita dai giudici. Nel suo passato «continue e sistematiche forme di aggressione sessuale». Era stato arrestato una prima volta nel 2004 per una violenza su una bambina che aveva meno di 9 anni. Fu condannato a tre anni e otto mesi di carcere, una perizia parlò di «patologico discontrollo degli impulsi sessuali, le cui tendenze deviate il soggetto non sempre riesce a fare a meno di assecondare». Era poi tornato libero. L'ultimo episodio è del 2016, quando A.P. violentò una bambina di 5 anni e le indagini scoprirono che nel 2009 aveva abusato anche di una piccola di 2 anni. Arrestato quindi per la seconda volta nell'aprile di due anni fa, è ancora detenuto. Deve scontare una pena di quattro anni e quattro mesi. Il Tribunale ha inoltre disposto le altre misure di prevenzione, consuete in questi casi: l'applicazione, all'uscita dal carcere, della sorveglianza speciale con l'obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per due anni e il divieto di frequentare asili, scuole, parchi o altri luoghi in cui si trovano bambini. Ma la prescrizione, proposta dalla Questura, anche durante la detenzione di «un piano trattamentale che lo porti attraverso indicazioni di tipo clinico-terapeutico realizzate dagli esperti» del Cipm «a prendere coscienza del forte disvalore delle condotte violente in una prospettiva di contenimento degli impulsi sessuali» è la vera novità.

Il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli (Lega) auspica che alla luce di questa sentenza il Parlamento «si impegni a discutere e votare la mia proposta di legge per introdurre la castrazione chimica per i recidivi». E Matteo Salvini: «Certe persone (pedofili e stupratori) vanno messe in condizione, per legge, di non fare più male a nessuno». La decisione dei giudici tuttavia non fa alcun riferimento alla castrazione chimica né a specifiche terapie farmacologiche.

Da parte sua Giulini, esperto nel trattamento di sex offender, ha più volte precisato che non ci sono prove scientifiche della correlazione tra il tasso di testosterone nel sangue e l'aggressività sessuale.

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