Cronaca locale

Sì al referendum lombardo: «Federalismo e meno tasse»

Il leader azzurro dà battaglia: «Stato troppo distante» E Maroni: «Mi aspetto di superare il 34% di affluenza»

Alberto Giannoni

Berlusconi vota Sì. Convinto che l'autonomia faccia bene ai lombardi e all'Italia, determinato a dare la spinta decisiva al referendum di domenica, il leader di Forza Italia invita ad andare alle urne e a rispondere affermativamente al quesito. Non solo: approva il voto elettronico («quando fummo al governo abbiamo cercato di farlo passare con una opposizione totale della sinistra che ha fatto della professione dei brogli una sua caratteristica») e prova lui stesso a simulare un Sì con quel tablet che 7 milioni di lombardi si troveranno di fronte fra tre giorni.

Si schiera, l'ex premier. Arrivando al Piccolo Teatro di via Rovello per una conferenza stampa attesissima, si schiera al fianco del governatore Roberto Maroni, artefice della battaglia per una Lombardia speciale. E, parlando a tutti i dirigenti azzurri seduti ad ascoltarlo in prima fila, schiera Forza Italia, che in queste settimane di campagna referendaria ha già organizzato circa 170 iniziative di informazione solo nella provincia di Milano. «Non solo gli azzurri di Forza Italia hanno ascoltato e si sono convinti per il sì - dice davanti a un esercito di taccuini, telefonini e telecamere - ma anche i sindaci del Pd hanno ripetutamente espresso la loro simpatia per il sì contro quella che è la posizione del Partito Democratico centrale». Il Pd, spiega, «vede nel referendum un'anticipazione delle elezioni del prossimo anno e ci tiene che non abbia troppo successo». Rimprovera alla sinistra una linea centralista e statalista e al contrario rivendica al centrodestra una convinzione e un'azione riformatrice di tipo federalista, fin dalla nascita dell'alleanza: «Il tema del federalismo - ricorda - lo abbiamo avuto nei programmi fin dal '94 e lo abbiamo riproposto nella riforma della Costituzione bocciata con la politica del tanto peggio tanto meglio». La posta in gioco è sempre quella: «Lo statalismo della sinistra deve essere sostituto con un vero federalismo - ammonisce - Lo Stato è sempre distante, le Regioni possono garantire risorse e servizi ai cittadini». Musica per le orecchie della giunta regionale, che punta a ottenere nuove materie, strappandole a Roma, e punta a ottenere nuove risorse. Molte risorse: quelle corrispondenti ai poteri delegati ma anche una bella fetta del residuo fiscale, le tasse che prendono la strada di Roma ma non tornano indietro sotto forma di servizi. «Più competenze e risorse» dice Maroni. «E anche meno tasse» aggiunge il Cavaliere. La battaglia contro l'oppressione fiscale e quella per il decentramento attraversano tutta la storia del centrodestra: «È chiaro che una parte dei soldi andrà a diminuire la pressione fiscale dei contribuenti lombardi», afferma Berlusconi, annunciando che «questo referendum oggi è portato avanti dalle due locomotive italiane, Lombardia e Veneto, ma noi vogliamo proporlo in tutte le regioni italiane». In una sala con tanti azzurri, Maroni riconosce l'impegno di Forza Italia e del suo presidente e si rivolge a Berlusconi come leader del centrodestra, quando gli chiede di inserire l'autonomia anche nel nuovo programma elettorale e nella prossima manovra finanziaria.

E percependo sensazioni positive sull'interesse per il voto, per la prima volta fissa un'asticella di affluenza: la soglia ottenuta nel referendum costituzionale sul titolo quinto: il 34%.

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