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Ebola, il primo morto negli Stati Uniti. Si ammalò in Liberia

Duncan era arrivato in Texas meno di un mese fa. Ieri un altro ricovero

Thomas Eric Duncan, il "paziente zero" degli Stati Uniti morto a Dallas
Thomas Eric Duncan, il "paziente zero" degli Stati Uniti morto a Dallas

Il «paziente zero» di ebola negli Stati Uniti è morto. Thomas Eric Duncan, il liberiano di 42 anni che da 10 giorni era ricoverato in un ospedale di Dallas nel Texas, non è sopravvissuto nonostante fosse oggetto delle più avanzate cure disponibili, il cui costo era stato calcolato in circa mille dollari l'ora. Era arrivato negli Usa dalla Liberia il 20 settembre, mentendo prima di imbarcarsi e sostenendo di non aver mai avuto contatti con persone ammalate. A Dallas aveva avuto i primi sintomi e si era recato al pronto soccorso il 24 settembre da dove era stato dimesso, a causa di un errore al software dell'ospedale. Duncan aveva iniziato a essere curato (dopo che i sintomi si erano intensificati) dal 26 settembre, mentre era entrato in quarantena dal 28 settembre. Sarebbero circa 40 le persone sotto controllo per essere entrate in contatto con lui. E un paziente con sintomi simili è stato ricoverato d'urgenza al Texas Presbyterian da un ambulatorio di Frisco, un sobborgo della metropoli texana. Il malato sostiene di aver avuto contati con Duncan. Il segretario di Stato John Kerry ha espresso preoccupazione: «Ebola è una crisi mondiale che va risolta urgentemente, è necessario che più Paesi si mobilitino nella lotta all'epidemia, impegnando più fondi e più equipaggiamenti per contenere il contagio». Ieri negli Usa è stato deciso che come misure preventiva alle persone in arrivo dall'Africa occidentale sarà misurata la febbre negli aeroporti.

Preoccupazione e sconcerto anche in Spagna, dove si è appresso che Teresa Romero - l'infermiera che curava due missionari spagnoli contagiati in Sierra Leone e che è la prima persona ammalatasi di ebola fuori dall'Africa - ha circolato nel suo quartiere a Madrid per 10 giorni prima di essere ricoverata all'ospedale Carlos III, dove peraltro è stata trasportata a bordo di un'ambulanza senza precauzioni. L'infermiera ha detto di aver sempre rispettato rigorosamente i protocolli di sicurezza e di essersi contagiata toccandosi per errore il viso con un guanto infetto mentre si toglieva la tuta protettiva. Un caso parallelo riguarda la sorte del cane della Romero, Excalibur: è stato deciso di abbatterlo all'Università di Madrid per precauzione, ma il marito dell'infermiera, costretto all'isolamento, non ha dato il suo assenso e si è rivolto con un appello video agli animalisti perché fosse salvato.

In poche ore sul web sono state raccolte 300mila firme ed è dovuta intervenire la polizia per allontanare circa 50 attivisti dall'ingresso dell'appartamento dov'era rimasto il cane.

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