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Sud Sudan, la guerra è tornata

Più di 300 morti, centinaia di feriti e 10 mila sfollati. Fino ad ora è questo il bilancio della nuova andata di violenza cominciata giovedì scorso a Juba

Sud Sudan, la guerra è tornata

Un anniversario di sangue. Più di 300 morti, centinaia di feriti e 10 mila sfollati. Fino ad ora è questo il bilancio della nuova andata di violenza cominciata giovedì scorso a Juba, capitale del Sud Sudan. A fronteggiarsi sono le truppe governative fedeli al presidente Salva Kiir e gli ex ribelli che appoggiano il primo vicepresidente Riek Machar, tornato nel Paese dopo gli accordi di pace siglati nell’agosto del 2015.

I fragili accordi avrebbero dovuto mettere fine ad una sanguinosa guerra civile iniziata nel dicembre del 2013, quando Kiir accusò Machar di aver pianificato un colpo di Stato per far cadere il suo governo, solo due anni dopo l’indipendenza ottenuta il 9 luglio del 2011 attraverso un referendum.

In due anni e mezzo i combattimenti hanno già provocato la morte di quasi 50 mila persone e una grave crisi umanitaria, in un Sud Sudan poverissimo, nonostante le grandissime riserve petrolifere.

Morti quattro caschi blu

Tra le vittime degli scontri di questi giorni ci sono anche quattro caschi blu - due cinesi e due ruandesi - della missione UNMISS (United Nations Mission in South Sudan) e altri sei sono rimasti feriti.

Ieri il Consiglio di sicurezza Onu ha condannato le violenze e chiesto a Salva Kiir e Riek Machar di ritirare le rispettive forze e mettere fine alle ostilità. Inoltre, in una dichiarazione diffusa al termine di una riunione d’emergenza, è stato richiesto l’intervento di forze di pace aggiuntive alla missione nel Paese.

“Sono profondamente frustrato per la ripresa degli scontri nonostante gli impegni da parte dei leader del Sud Sudan”, ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon in un comunicato. “Questa violenza senza senso è inaccettabile e rischia di vanificare i progressi finora compiuti nel processo di pace”.

La questione etnica

Ad aggravare la situazione c’è anche la questione etnica. Salva Kiir è un Dinka, mentre Riek Machar un Nuer. Due importanti etnie del Paese che spesso si sono scontrate. E il rischio è che questa rivalità potrebbe rendere inutile la diplomazia e far ripiombare il Paese nel caos. Ma non solo.

Visto le alleanze incrociate delle due parti, non è da escludere che il conflitto si possa estendere anche nei Paesi limitrofi.

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