Cronache

"Basta con la fiaba dei ricchi malvagi"

Nel suo pamphlet Flavio Briatore spiega l'Italia dove ci si vergogna del benessere

"Basta con la fiaba dei ricchi malvagi"

Se Milano è troppo lontana per alcune realtà del Sud, che rigettano qualsiasi spinta a uscire dai binari per esplorare nuove strade, si guardi almeno alla Basilicata, che in questi ultimi anni quantomeno ci sta provando. Nel 2015 il suo prodotto interno lordo ha fatto registrare un tasso di crescita straordinario: più 5,5 per cento. E il Pil pro capite ha superato di gran lunga tutte le altre regioni del Meridione: 19 mila 807 euro, contro i 17 mila della Campania e i 16 mila di Puglia e Calabria. La Basilicata è un caso da studiare con attenzione. La rete ferroviaria ha ancora il 94 per cento di linee a binario unico, ma all'improvviso, negli ultimi anni, ha cominciato a succedere di tutto. Nel 2011, la regista, sceneggiatrice e attrice statunitense Sofia Coppola è venuta a sposarsi a Bernalda, il paesino che domina la pianura di Metaponto con vista sul mar Ionio dal quale, nel 1904, il suo bisnonno Agostino era partito con la valigia di cartone in cerca di fortuna negli Stati Uniti. Sofia e suo padre, il celebre regista Francis Ford Coppola, che l'ha accompagnata all'altare, sono stati circondati dall'affetto di tutta la cittadinanza, scesa in piazza per ringraziare con calore la loro scelta di tornare nel Paese d'origine. Inoltre, Matera è stata dichiarata capitale europea della cultura per il 2019 e, accanto ai tradizionali bed and breakfast, sono apparsi i primi grandi alberghi. Il petrolio estratto nel sottosuolo è arrivato a coprire i due terzi della produzione nazionale, la nuova Fiat oggi Fca di Melfi ha continuato a sfornare jeep e, grazie al campus della casa automobilistica dove si sperimentano i proto-tipi, ha potuto attrarre numerosi ingegneri arrivati anche dal Nord Italia.

Petrolio, auto, innovazione, ricerca, cultura, accoglienza più qualificata: la Basilicata cresce perché diversifica, perché non si fa spingere da un solo volano di sviluppo. Se fosse rimasta alla contemplazione dell'aria buona e del ritmo rallentato, sarebbe ancora lì a piangere. I tempi sono cambiati.(...)

L'uscita dalla crisi non sarà un punto d'arrivo, ma una buona piattaforma sulla quale costruire il futuro di questo Paese. E non ci si potrà più portare dietro il fardello del debito pubblico. È un problema che va affrontato e risolto, se si vuole tornare a essere un Paese normale, che guarda avanti e scommette su se stesso senza alibi.

Gli economisti Alberto Alesina e Francesco Giavazzi hanno affrontato la questione senza andare troppo per il sottile e hanno concluso che esistono soltanto due modi possibili per ridurre questo debito. Il primo consiste nel tassare la ricchezza privata attraverso un'imposta patrimoniale, che per avere un minimo di efficacia dovrebbe essere molto elevata. E qui credo che non ci sia bisogno di ribadire il mio pensiero sulla leva fiscale. Il secondo consiste nel ridurre il peso e lo spazio che lo Stato occupa nell'economia italiana. In una parola, privatizzare. (...) Alla fine, siccome non si riesce a privatizzare, si torna a spremere i contribuenti e gli imprenditori attraverso le tasse.

Dietro questo modo di procedere si cela una malattia culturale tipicamente italiana: l'idea della ricchezza come colpa. Indro Montanelli diceva che «quando un italiano vede passare una macchina di lusso, il suo primo stimolo non è averne una anche lui, ma tagliarle le gomme». Quanta saggezza e quanta verità nelle parole del giornalista toscano. E quanta ipocrisia nelle parole della stampa che oggi, per esempio, bacchetta il cantante Fedez perché pubblica sui social network una foto della propria piscina costruita in cima a un grattacielo. O nella valanga di commenti degli idioti che, nella giungla di quegli stessi social network, danno libero sfogo alla loro invidia sociale insultandolo e facendogli la solita stucchevole lezioncina sulla ricchezza che non va mai ostentata. Tutto è ostentazione. Anche la foto con la teglia di lasagne sulla spiaggia di Mondello a Palermo. La verità è che questo moralismo nasconde una concezione della ricchezza come privilegio di cui vergognarsi e una visione del mondo come diviso tra buoni e cattivi: il ricco sempre tendenzialmente malvagio, il povero per definizione campione di virtù. Il primo si deve scusare per il solo fatto di essere ricco, mentre il secondo è raffigurato con l'aureola.

Questo vizio culturale va eliminato. Il nostro Paese non potrà rialzarsi e ricominciare a camminare, fino a quando sarà tenuto in ostaggio da questi sacerdoti della mediocrità.

Devo aggiungere altro? Sì: la risposta che Sonia Bruganelli ha scritto dopo che è stata letteralmente massacrata per aver pubblicato una fotografia su Instagram. Uno scatto che la ritraeva a bordo di un aereo privato, diretta a Formentera con il marito Paolo Bonolis e i figli. Secondo me, le parole di Sonia andrebbero ritagliate e incorniciate: «So benissimo che se condivido sui social la mia vita mi espongo alle critiche. Non intendo cambiare linea adesso. Non pubblicherò mai un selfie mentre mi faccio la maschera per il viso, né di me che preparo la minestra. Se scelgo di guardare un bel film è perché voglio sognare. Applico lo stesso principio ai miei contenuti. Non pubblico mai foto di ospedali per far leva sulla compassione. Viaggio in prima classe e, finché potrò farlo, noleggio l'aereo privato: di questi tempi non mi sembra assurdo. Sarebbe ipocrita pretendere che chi è benestante cambi tenore di vita.

Non voglio mostrarmi diversa da come sono».

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