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Gianfranco Fini sentito dai pm: è indagato per riciclaggio

Si chiude il cerchio su Fini. Interrogato dai magistrati della procura di Roma sugli affari del "re delle slot machine" Francesco Corallo

Gianfranco Fini sentito dai pm: è indagato per riciclaggio

Oggi pomeriggio Gianfranco Fini è stato interrogato dai magistrati della procura di Roma sugli affari del "re delle slot machine" Francesco Corallo. L'ex presidente della Camera è indagato per riciclaggio insieme alla famiglia Tulliani, la compagna Elisabetta, il "suocero" Sergio e il "cognato" Giancarlo. Su quest'ultimo pende addirittura un mandato d'arresto che, però, non è stato eseguito dal momento che Tulliani è fuggito a Dubai.

Nei giorni scorsi era stato lo stesso ex presidente della Camera a chiedere, tramite i propri difensori, di essere sentito dal pm Barbara Sargenti e dall'aggiunto Michele Prestipino, titolari dell'indagine, affinché fosse chiarita al più presto la sua posizione. Agli stessi difensori l'ex leader di Alleanza Nazionale aveva dato mandato di querelare per calunnia l'ex parlamentare Amedeo Laboccetta il quale, con le sue dichiarazioni sugli affari della famiglia Tulliani e di Corallo, aveva chiamato in causa Fini. L'iscrizione nel registro degli indagati dell'ex presidente della Camera sarebbe scaturito in seguito alle perquisizioni a carico di Sergio e Giancarlo Tulliani che erano state eseguite nel dicembre del 2016. Gli accertamenti bancari e finanziari sui rapporti intestati alla famiglia Tulliani avrebbero portato alla luce riciclaggio, reimpiego e auto-riciclaggio da parte di Sergio, Giancarlo, Elisabetta Tulliani e dello stesso Fini. Un giro di affari illeciti che avrebbe fatto fruttare la bellezza di 7 milioni di euro.

Le perquisizioni del mese scorso avevno svelato un nuovo giro di affari illeciti che è finito per inguaiare Fini, considerato il tramite tra Tulliani e Corallo. Dopo aver ricevuto, direttamente o attraverso società offshore, ingenti trasferimenti di denaro disposti da Corallo e operati da Rudolf Baesten senza alcuna causale o giustificati da documenti contrattuali fittizi, i Tulliani trasferivano e, attraverso operazioni di frazionamento della provvista illecita e movimentazioni reciproche, nascondevano i profitti illeciti dell'associazione facendo leva su rapporti bancari personali accesi in Italia e all'estero.

Oggetto di queste vorticose operazioni, tra l'altro, sono stati i 2,4, milioni di euro, direttamente ricevuti da Corallo e, successivamente, trasferiti da Sergio Tulliani ai figli Giancarlo ed Elisabetta per essere reimpiegati in acquisizioni immobiliari a Roma e provincia.

Nonché il rilevante plusvalore di oltre 1,2 milioni di euro, derivante dalla vendita dell'appartamento di Montecarlo, già di proprietà di Alleanza Nazionale di cui erano divenuti proprietari, di fatto, i fratelli Tulliani, a spese del "re delle slot machine", che aveva anche provveduto all'intera creazione delle società offshore dei Tulliani.

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