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L'offerta di Haftar a Moavero. Un piano per "partenze zero"

Svolta in Libia, il generale filo-Macron apre al governo. Controllo dei confini meridionali in cambio di aiuti

L'offerta di Haftar a Moavero. Un piano per "partenze zero"

Migranti zero. È l'inatteso piano del generale Khalifa Haftar per mettere fine al traffico di umani in Libia e azzerare le partenze. Ma l'aspetto più straordinario è la disponibilità a realizzarlo in collaborazione con l'Italia. Dalla visita del nostro ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ad Haftar sono passate poco più di 48 ore, ma la Libia, o meglio la Cirenaica, sembrano all'improvviso un mondo alla rovescia. L'uomo forte di Tobruk, l'amico di Macron, il Maresciallo pronto, fino all'altro ieri, a marciare su Tripoli e a sfrattare il governo del premier Fayez Al Serraj oggi si presenta come il miglior amico dell'Italia. Così amico da offrile ciò che le è più caro, ovvero un progetto per il blocco di tutti i migranti.

Ad annunciarlo ci pensa il portavoce di Haftar Ahmed al Mismari, spiegando che la proposta è stata al centro dei colloqui di lunedì tra il Maresciallo e il titolare della Farnesina. «Il Maresciallo ha presentato una strategia completa che riguarda le guardie di confine e i requisiti per portarla a termine, anche attraverso la collaborazione con i Paesi vicini e con la Ue, in particolare finanziariamente» - spiega il portavoce sottolineando come l'incontro sia stato «eccellente» e abbia contribuito a «rompere il gelo nelle relazioni tra la Libia e l'Italia».

Per capire l'essenza della piroetta haftariana bisogna soffermarsi su «Guardie di confine» e collaborazione finanziaria. Il primo accenno ci porta dritti dritti a quelle frontiere meridionali cancellate dopo la caduta di Gheddafi e diventate il punto di passaggio delle carovane di disperati in marcia verso il Mediterraneo. Haftar è in grado di garantire un parziale controllo su quei territori attraverso l'alleanza con le tribù Tebu sempre pronte a proporsi, a seconda del momento, come controllori dei confini o di collaboratori dei trafficanti. Il generale punta a ottenere l'aiuto dell'Italia e dell'Europa per addestrare i Tebu, trasformarli nei guardiani delle frontiere e ridimensionare le tribù Tuareg nemiche sia dei Tebu che del generale in virtù dei loro solidi legami con i gruppi jihadisti.

Ma il piano del generale richiede ovviamente milioni di euro, come fa capire Mismari quando accenna alla necessità di contributi finanziari della Ue e dell'Italia. La logica è insomma assai semplice. Voi mettete i soldi per armare e addestrare i miei alleati, mettendoli nella condizione di combattere i miei nemici e io - in cambio - vi garantirò quel controllo dei confini sud scomparso assieme a Gheddafi. L'offerta può essere anche valida a patto però di ricordare che i soldi di Italia ed Europa non basteranno al generale per sconfiggere definitivamente i Tuareg finanziati e armati dal Qatar. Chiudere le zone di confine controllate dai Tebu renderebbe, comunque, più difficile il lavoro dei trafficanti e contribuirebbe a ridurre i flussi. L'aspetto interessante della proposta è in ogni caso la disponibilità del generale a non restare agganciato solo al carro francese e a mettere sul tavolo un piano in grado di rilanciare i rapporti con l'Italia.

Dietro all'inattesa piroetta non possono non esserci, ovviamente, lo zampino di un Egitto sollecitato diplomaticamente dall'Italia, e di una Russia che ha tutto l'interesse a sostenerci per rendere meno omogeneo il rapporto dell'alleato libico con il «nemico» Macron. Ovviamente l'importante ribilanciamento dei rapporti con il generale non fa perdere di vista al nostro governo l'essenzialità del rapporto con Fayez Serraj.

Anche perché il nostro petrolio e il nostro gas, come pure i migranti diretti verso l'Italia, continuano, inevitabilmente, a passare attraverso il nodo di Tripoli.

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