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Le nozze "clandestine". Milano fa sposare l'irregolare già espulso

Unione con un'italiana, ma il marocchino era stato allontanato dal nostro Paese

Foto d'archivio
Foto d'archivio

Milano - Si «stupisce» il giudice Fabio Roia nella sua sentenza, di quanto ha scoperto durante l'udienza: e ne ha buon motivo. Nelle carte di un processino di poco conto contro un marocchino imputato di immigrazione illegale, il giudice scopre un dettaglio assolutamente inverosimile, eppure vero: espulso dall'Italia dopo una condanna per spaccio di droga, il giovanotto vi era subito rientrato. Era tornato a Milano. E qui il mese scorso si è sposato con una cittadina italiana: nonostante fosse totalmente clandestino e anzi non potesse assolutamente trovarsi in modo legale sul suolo italiano, il Comune di Milano gli ha consentito di fare le pubblicazioni e di venire unito in matrimonio da un consigliere comunale, la con fascia tricolore e tutto quanto. Come se niente fosse.

Chi ha affrontato le pratiche brigose per celebrare un matrimonio civile conosce bene l'elenco dei documenti necessari. Ma in questo caso, evidentemente, qualcosa non ha funzionato. Lo spacciatore espulso ha potuto tranquillamente sposarsi. E l'altro giorno, davanti al giudice Roia, ha usato il certificato di matrimonio per evitare la condanna e l'espulsione. Nella sentenza il giudice scrive testualmente: «Stupisce, sul piano dell'efficienza del controllo amministrativo interno, come sia possibile consentire la celebrazione di un matrimonio da parte di un soggetto che si trova in una evidente situazione di antigiuridicità».

Il novello sposo si chiama Hatime Saadan, e nel gennaio dello scorso anno la questura milanese lo aveva imbarcato su un areo destinazione Marocco: il giudice penale lo aveva condannato ed espulso dal Paese, dopo che nella sua casa erano stati trovati hashish, cocaina, bilance e 4mila euro in contanti. Ma l'8 febbraio scorso, durante un controllo in un bar del Corvetto, una pattuglia della Volante se lo ritrova davanti. Hatime ammette di essere tornato in Italia da un paio di mesi, attraverso la Spagna e la Francia. I poliziotti lo arrestano per ingresso illegale, la mattina dopo lo portano davanti al giudice Roia: che convalida il fermo ma non può fare altro che scarcerarlo in attesa del processo, perché per questo reato non è ammesso il carcere preventivo.

L'altro giorno, Hatime ritorna in tribunale per essere processato: e qui, davanti al giudice, rivela il suo colpo di genio. Dopo essere stato liberato, si è precipitato a sposarsi con una signora milanese otto anni più vecchia di lui. «Vostro onore, sono tornato per sposarmi». Il giudice sente un vago odore di combine, ma non può farci niente: il certificato di matrimonio è lì, autentico come la Gioconda del Louvre. Nella sua sentenza Roia scrive che la voglia di sposarsi non era un buon motivo per rientrare in Italia illegalmente, e anzi dimostra una «totale indifferenza verso i precetti dell'Autorità». Ma aggiunge la frecciata esplicita contro la mancanza di controlli che ha consentito al clandestino di sposarsi tranquillamente.

E ora? Nella sentenza che lo condanna a otto mesi di carcere, il giudice dice che la questura dovrà espellere Hatime un'altra volta, e dà fin da adesso il necessario nulla osta. Ma non sarà tanto facile: perché dal 1° marzo il clandestino con un passato di spaccio è il legittimo consorte di una signora italiana, e come tale cacciarlo dal paese si annuncia decisamente difficile. D'altronde, dice la sentenza, si è sposato apposta.

E qualcuno glielo ha lasciato fare.

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