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Ora Putin va alla guerra: le cinque mosse dello zar

Entrando nel conflitto siriano tenta di superare la paralisi Usa, frenare l'Iran e arginare l'Isis

Ora Putin va alla guerra: le cinque mosse dello zar

Se la fermezza di Vladimir Putin nell'aiutare Bashar Assad vi sembra il capitolo più inquietante della tragedia siriana, preoccupatevi delle esitazioni di Barack Obama. Quei tentennamenti - dopo aver dato vita ad un mostro chiamato Stato Islamico - rischiano ora di rendere concreti gli scenari da terza guerra mondiale evocati da Papa Francesco. Le mosse di un Putin che da una parte manda aerei, blindati e soldati a puntellare Bashar Assad e dall'altra tratta con i sauditi, puntano invece ad avviare una trattativa diplomatica in grado di garantire una soluzione pacifica del conflitto. Una soluzione che salverebbe noi europei, emarginerebbe ulteriormente Washington e restituirebbe alla Russia il vecchio ruolo di grande potenza in Medio Oriente ed Europa. Un ruolo che Vladimir vuole riconquistare in cinque mosse.

A Fermare l'Iran e arginare lo spettro della guerra

La sopravvivenza del regime di Assad è fondamentale per garantire il mantenimento di quell'asse sciita che dall'Iran attraversa Irak e Siria e garantisce a Teheran i collegamenti con le milizie sciite di Hezbollah in Libano. Solo grazie a quell'asse, l'Iran può mantenere la sua influenza in un Medioriente sunnita. Per salvaguardare quell'asse Teheran non esiterebbe, in assenza d'un intervento russo, a mandare uomini e mezzi sul territorio siriano. Ma la mossa scatenerebbe la reazione d'Israele che vede nell'Iran il proprio nemico esistenziale, innescando un conflitto di proporzioni inimmaginabili. Puntellando il regime di Assad, Putin evita l'intervento iraniano e la rischiosissima risposta israeliana.

B Salvare l'Europa dallo Stato Islamico

Gli errori di un Obama - imperterrito nel mettere sullo stesso piano lo Stato Islamico e il regime di Bashar promettendo di combatterli entrambi, stanno lasciando l'Europa nelle mani del Califfato. Mentre la Francia di Hollande e l'Inghilterra di Cameron ripetono gli errori dell'amministrazione statunitense, e s'illudono di sconfiggere lo Stato Islamico impiegando solo aerei e droni, la Russia manda suoi uomini sul terreno dimostrando di voler combattere il terrorismo germinato in Irak e Siria con la stessa determinazione esibita in Cecenia. Diventando così l'ultimo protettore di un'Europa orfana del grande padrino americano.

C Non solo armi, ma anche diplomazia

L'11 agosto scorso il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha invitato a Mosca l'omologo saudita Adel al-Jubeir per chiedergli di costruire un'alleanza comune contro lo Stato Islamico e spingere i ribelli jihadisti ad una trattativa per il cessate il fuoco con tutte le opposizioni. I sauditi si rifiutano di rinunciare alla deposizione di Bashar Assad, ma intanto Mosca conduce colloqui con molte fazioni dell'opposizione siriana.

D Emarginare gli Usa e dominare il Medioriente

Le iniziative politico-militari di Putin in Siria non puntano soltanto a salvaguardare la base navale siriana di Tartus, fondamentale per la presenza russa nel Mediterraneo, ma puntano ad estromettere l'America dal risiko mediorientale. Favorendo l'accordo sul nucleare con Teheran, Mosca ha indebolito i legami tra Washington e il tradizionale alleato israeliano. Fornendo armi al presidente egiziano Abdel Fattah El Sisi, considerato da Obama golpista e autoritario, ha strappato all'America un altro amico. Trattando con Riad mina la storica alleanza tra Washington e un regno saudita che ha preso le distanze da Obama fin da quando ha appoggiato Primavere Arabe e Fratelli Musulmani.

E Pacificare la Siria e risolvere il problema migranti

La sconfitta dello Stato Islamico e una soluzione pacifica della guerra civile siriana sono l'unico modo per contenere l'ondata di profughi abbattutasi sull'Europa. Raggiungendo quell'obbiettivo Vladimir Putin garantirebbe il ritorno a casa di dieci milioni di siriani sparsi in Medioriente che minacciano nel lungo periodo di convergere verso l'Europa.

Garantendo così la definitiva soluzione di una tragedia a cui i leader europei stanno rispondendo solo con politiche dell'accoglienza senza limiti e con obbiettivi di breve termine.

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