L'appunto

Quanto pesa l'eredità di Marino e Alemanno

Solo domenica notte sapremo se e quanto tutto questo avrà pesato sulla loro corsa verso il ballottaggio

Quanto pesa l'eredità di Marino e Alemanno

Per capire fino a che punto l'eredità del passato peserà sulla corsa al Campidoglio bisognerà attendere domenica notte. Solo allora, numeri alla mano, sarà chiaro se e come le scelleratezze degli ultimi due sindaci della Capitale avranno condizionato la partita di Roberto Giachetti da una parte e Giorgia Meloni dall'altra. Il primo costretto a smarcarsi dalla disastrosa giunta guidata da Ignazio Marino e da un Pd romano affogato dentro Mafia capitale, la seconda inseguita dal flop di Gianni Alemanno, suo collega di partito quando era in Campidoglio, dove alcuni degli attuali esponenti di Fratelli d'Italia ricoprirono incarichi di primo piano. Insomma, un passato piuttosto ingombrante per due dei quattro pretendenti al ballottaggio del 19 giugno (gli altri sono la grillina Virginia Raggi e l'imprenditore Alfio Marchini).

Non è un caso che in queste settimane i due abbiano fatto il possibile per sganciarsi dai loro illustri colleghi. Il renziano Giachetti in particolare. Eppure il legame con il Pd romano è così profondo che di intrecci ne restano molti, nonostante la volontà di trovare una discontinuità con quel pezzo di Pd che a Roma ha passeggiato a braccetto con Mafia capitale. Uno che in questi mesi è stato molto schivo, forse non casualmente, è quel Goffredo Bettini da tutti considerato il kingmaker degli ultimi tre sindaci di centrosinistra della capitale: Francesco Rutelli (di cui Giachetti era capo della segretaria), Walter Veltroni e, infine, il marziano Marino. Uno, insomma, che il Pd a Roma lo tiene in pugno da decenni. E che certo non è il simbolo della rottamazione. Eppure, lunedì sera c'era anche Giachetti alla presentazione del suo libro al Tempio di Adriano. Un passaggio fugace, è vero. Ma comunque una presenza che ha un suo valore, soprattutto a pochi giorni dal voto.

E pure la Meloni deve fare i conti con il suo passato. Con quel Gianni Alemanno che, seppure con venti anni di anticipo, ha fatto il suo stesso percorso politico tra Msi, Fronte della Gioventù, An, Pdl e, infine, Fratelli d'Italia. Non è un caso che in queste settimane molti le abbiano rinfacciato la sua vicinanza alla giunta guidata dall'ex ministro dell'Agricoltura. Con la Meloni che ha preso educatamente le distanze: «Né incapace, né complice di Mafia Capitale. Ma non ha avuto il coraggio di rompere lo schema del potere consolidato».

Solo domenica notte sapremo se e quanto tutto questo avrà pesato sulla loro corsa verso il ballottaggio.

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