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Renzi fa l'esule in California: si sono scissi gli scissionisti

Il leader dimissionario del Pd va negli States "per imparare". E festeggia con i fedelissimi: è andata come prevedevo

Renzi fa l'esule in California: si sono scissi gli scissionisti

Ieri mattina ha vergato dall'aeroporto la sua e-news, prendendo atto della «fuoriuscita» dei bersaniani, e poi vola oltreoceano.

Destinazione California, proprio mentre nella Roma assediata dalle squadracce dei tassisti si riunisce la Direzione del Pd per avviare la macchina congressuale. «Sono in partenza per qualche giorno spiega -. Vi racconterò sul blog il mio diario di bordo dalla California dove incontreremo alcune realtà molto interessanti. Soprattutto nel campo del fotovoltaico, un settore dove si incrociano innovazione, sviluppo e ambiente. Priorità: imparare da chi è più bravo come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia, nel mondo del digitale, nel mondo dell'innovazione. Un viaggio preparato da tempo, ma di cui aveva informato solo i fedelissimi, e caduto al momento giusto per allontanarsi dalle beghe interne pre-scissione. E per risparmiarsi anche l'ultima surreale giravolta del pugliese Michele Emiliano, che ieri con confuse citazioni di Che Guevara e don Milani è tornato per l'ennesima volta sui suoi passi annunciando in Direzione la propria candidatura a segretario del Pd, lo stesso partito che solo tre giorni fa aveva annunciato di voler lasciare.

L'ex premier, che conosce i suoi polli, era convinto già da giorni che Emiliano stesse disperatamente cercando «una giustificazione per rinculare», mollare D'Alema e Bersani al proprio destino e calcare il palcoscenico delle primarie: «Avete visto? Alla fine è andata come prevedevo: a scindersi sono stati gli scissionisti», commenta con i suoi.

Renzi vola dunque in California, lasciando Matteo Orfini e Lorenzo Guerini a presidiare il campo e gestire la riunione della Direzione dove in assenza del segretario uscente si fa un replay su piccola scala del dibattito all'Assemblea del Parco dei Principi: appelli di Gianni Cuperlo che invita a rinviare le primarie a luglio per trattenere gli scissionisti; appelli di Piero Fassino che chiede ai secessionisti di restare; poi il pugliese Francesco Boccia che apre la strada al dietrofront di Emiliano. Intanto il capo-scissionista Roberto Speranza prende a male parole il governatore pugliese che ha tradito, accusandolo di «restare nel Partito di Renzi», e i bersaniani fanno e rifanno i conti dei parlamentari che si porteranno dietro. E che saranno meno del previsto, perché molti deputati pressati dalla base nei loro collegi si stanno tirando indietro: alla fine potrebbero essere tra i 16 e i 18 a confluire nel nuovo gruppo. Col rischio che gli ex Pd siano meno degli ex Sel.

Il percorso congressuale sarà serrato: al Nazareno si prefiggono di tenere le primarie il 9 aprile prossimo, e auspicano che a questo punto si candidi anche Andrea Orlando, l'unico in grado di attirare i voti della sinistra interna e di rappresentare un interlocutore politico credibile. «Anche perché Emiliano, una volta sconfitto alle primarie, se ne tornerà in Puglia», ragiona un renziano. La sfida non preoccupa Renzi, che secondo i sondaggi vincerebbe chiunque siano gli sfidanti con percentuali tra il 60 e il 70%. Se mai, la presenza del chiassoso Emiliano, che nelle regioni del Sud può smuovere consenso, servirà ad animare la campagna delle primarie e ad attirare più gente ai gazebo. Renzi, al ritorno dagli Usa, si metterà subito in pista: annuncia il ritorno in tv (sia pur «con calma e con minore intensità che in passato») e il rilancio dei «Matteo risponde» sui social.

E sulla scissione taglia corto: «Mi addolora, ma non possiamo bloccare ancora la discussione del partito e soprattutto del Paese».

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