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Se il lavoro per la sinistra diventa la festa dell'insulto

Al Concertone di Roma la gara dei «compagni» a dire volgarità sul palco. Battutaccia sul nome della Casellati

Se il lavoro per la sinistra diventa la festa dell'insulto

La riflessione sul tema del lavoro al tradizionale concerto del Primo maggio organizzato da Cgil, Cisl e Uil è stata affidata ad Ambra Angiolini e al frontman dello «Stato Sociale», quelli del tormentone sanremese Una vita in vacanza. Non era facile prevederlo, ma è finita in vacca. Anche grazie agli altri illustri giuslavoristi intervenuti sul palco, dai rapper Sfera Ebbasta e Gazzelle alla cantante Francesca Michielin, indecisa se puntare sul reggiseno o su un «vaffanculo» come incipit della performance canora, ha optato per entrambi ma solo «per mantenere una sorta di voglia di sovversione, un invito a reagire, a darsi la scossa, per mandare a quel paese le istituzioni» ha poi cercato di spiegare. Il livello è questo, genere occupazione liceale con infarinatura di luoghi comuni da sinistra modaiola e kit base da centro sociale. Non che dal concerto del Primo maggio ci si aspetti di più, ormai stanco rito utile per farsi pubblicità con qualche parolaccia spacciata per atto sovversivo, in alternativa alla più scontata provocazione sui soliti temi triti e ritriti, il razzismo, la guerra, i diritti omosessuali, l'accoglienza dei migranti, il vecchio repertorio da tirare fuori in queste occasioni. Il conduttore-cantante Lodo Guenzi si è esibito nel refrain «Mi sono rotto il caz..» della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, di Luca Cordero di Montezemolo, di Giacinto della Cananea (il professore che scrive i programmi per Di Maio), «mi sono rotto il caz.., prima dei vitalizi sarebbe giusto tagliare i vostri cognomi», ma non era per offendere, «non ci interessava la polemica, la nostra era solo una battuta sui cognomi. Non l'ho trovata particolarmente fuori luogo. La volgarità è una cosa diversa dalla scurrilità». In realtà anche le volte scorse avevano inscenato la gag a sfondo politico (tre anni fa il bacio omosessuale per i diritti civili, l'anno scorso il bersaglio erano Matteo Salvini e il ministro Poletti), nel torpore della giornata festiva sono sempre buone soluzioni per attirare un po' l'attenzione.

L'ex soubrette teleguidata da Gianni Boncompagni nel programma trash di Mediaset, e grazie a quel trampolino promossa nella categoria degli attori impegnati, Ambra Angiolini, si è arrischiata a leggere un brano di Furore di John Steinbeck del 1939, per poi lanciarsi nel pippotto sui lavoratori sottopagati e la «dignità» da ritrovare. Peccato l'abbia fatto con addosso un maglione color arcobaleno (la pace nel mondo, ovvio) però firmato Alberta Ferretti, circostanza subito notata dagli utenti di Twitter che l'hanno massacrata («Ecco i comunisti sul palco con la maglia da 400 euro, ma andatevene af...», uno dei post). Il rapper Sfera Ebbasta, all'anagrafe Gionata Boschetti, oltre al vaffa di ordinanza ha mostrato anche il dito medio, a dimostrazione di quanto possa essere trasgressivo, prima di vantarsi sui social di essere andato sul palco «con due Rolex». In effetti un gesto in sintonia con la giornata dedicata a disoccupati e sfruttati. Idee poche ma confuse. C'è del resto una lunga tradizione di polemiche da concerto del Primo maggio, che va osservata per non sfigurare. Già dalle primissime edizioni come quella del 1991, quando una band proclama uno sciopero generale contro il governo Andreotti «per un reddito sociale ai disoccupati», quindi nel '93 Piero Pelù che infila un preservativo sul microfono, un'altra volta il cantautore Daniele Silvestri fa la predica in difesa della magistratura minacciata dal governo Berlusconi, più recentemente il destinatario è diventato Salvini in quanto omofobo.

Quale fondamentale contributo diano al tema del lavoro in Italia, va chiesto ai sindacati.

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