Politica

Toninelli supera se stesso: s'inventa il tunnel del Brennero

Per il ministro delle Infrastrutture è già funzionante: «Molti imprenditori lo utilizzano». Ma non esiste ancora

Non è molto rassicurante per gli sfollati di Genova sapere che la ricostruzione del ponte Morandi è in mano ad un ministro convinto che esista il tunnel del Brennero, che invece sarà pronto se va bene nel 2025. Il grillino titolare delle Infrastrutture e dei Trasporti, nella vita liquidatore sinistri per una compagnia assicurativa, non è al corrente che il tunnel non esista, ma nonostante ciò riesce ad avere informazioni sui fantomatici utilizzatori del traforo inesistente («tante merci e tanti imprenditori italiani utilizzano il tunnel del Brennero con il trasporto su gomma»), e persino a polemizzare col Tirolo che imporrebbe «limitazioni settoriali» al passaggio nel tunnel che non c'è, e che «danneggiano fortemente l'economia italiana» assicura il ministro. Lo svarione ha fatto presto il giro del web, guadagnando al grillino nuove storpiature del cognome, «Tonitunnel», «Toninulla», che si aggiungono ai dispregiativi tipo «Tontinelli» già abusati da chi non gli vuole bene. Lui, impassibile, non ha reagito neppure con una scusa per giustificare l'errore. Magari ci metterà qualche giorno, come ha fatto rispondendo agli sfottò per l'impegno contenuto nel Def di azzerare gli incidenti mortali sulle strade entro il 2050, «mi stupisco delle ironie è un obiettivo Ue».

È un periodo stressante per Toninelli, un attimo di distrazione è comprensibile. Per uno abituato a fare solo l'opposizione, ritrovarsi contestato da migliaia di genovesi per l'enorme ritardo nella ricostruzione del viadotto di Genova non dev'essere facile. Anche se, va detto, l'uomo è portato per le gaffe. Appunto il disastro di Genova lo ha catapultato in un groviglio di problemi giuridici e infrastrutturali di cui non si era mai occupato in vita sua. E si vede. Prima si è fatto fotografare tutto sorridente davanti al plastico del nuovo ponte con Vespa, negli studi di Porta a porta. Un buon umore fuori luogo per il ministro dei Trasporti dopo la morte di 43 persone e altre 600 senza più la casa. Nonostante l'indignazione generale per quella posa in tv, Toninelli è riuscito a ripetersi nel giro di poco tempo, ironizzando sulle concessioni da ritirare ad Autostrade. Stavolta con una foto postata su Instagram per sfoggiare il nuovo taglio di capelli: «Ho revocato la revoca della concessione al mio barbiere». Battutaccia, polemiche, tentativo di sedarle («Era un momento di relax in mezzo a tanti impegni e tante sfide») con limitato successo.

Uscite di cattivo gusto, niente di grave. Più discutibile l'affermazione del ministro secondo cui la A10 Genova-Ventimiglia sarebbe dei Benetton (Atlantia), mentre la Savona Ventimiglia è di Autofiori Spa, compagnia che con Autostrade per l'Italia non ha nulla a che fare. Anche la scelta di convincere gli sfollati che il decreto Genova sia valido perché lo ha «scritto con il cuore», non si può dire sia stata felice. Lo stesso vale per il progetto, mai veramente capito fino in fondo da nessuno, di fare del nuovo ponte «un luogo vivibile, un luogo di incontro in cui le persone si ritrovano, in cui le persone possono vivere, possono giocare, possono mangiare». Poi ha rilanciato sul suo profilo Twitter la fake news secondo cui la famiglia Benetton è azionista di punta dei gruppi che controllano quotidiani come La Repubblica, L'Espresso, Il Messaggero». Tutto falso, un ministro dovrebbe verificare prima di twittare. Poi ha confuso un rimorchiatore con un incrociatore.

Forse anche quello passa dal tunnel del Brennero.

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