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Trump, Comey, le prostitute Così riesplode il Russiagate

In 15 pagine di appunti dell'ex capo dell'Fbi dialoghi imbarazzanti con Putin e le escort «più belle del mondo»

Trump, Comey, le prostitute Così riesplode il Russiagate

I l Russiagate torna prepotentemente al centro della scena in America. Questa volta ad accendere le polemiche sono gli appunti dell'ex direttore dell'Fbi James Comey, consegnati dal dipartimento di Giustizia al Congresso. Quindici pagine sui colloqui tra l'ex numero uno del Bureau e il presidente Donald Trump, da cui emergono critiche a Michael Flynn e affermazioni di Vladimir Putin. Durante un breve incontro alla Casa Bianca nel febbraio 2017, secondo Comey, Trump riferì che il presidente russo gli disse: «Abbiamo fra le prostitute più belle del mondo». Parole smentite immediatamente dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, per il quale i due leader non hanno mai avuto una conversazione del genere. Sempre in quell'occasione, si legge nei memo, The Donald fece riferimento a un dossier su un presunto incontro fra lui e delle prostitute in un hotel di Mosca spiegando: «La storia è una sciocchezza».

Nelle carte ci sono anche frasi con cui Trump ammetteva di avere «serie riserve» circa la capacità di giudizio del suo consigliere per la sicurezza nazionale, Michael Flynn, costretto a dimettersi nell'ambito delle indagini sul Russiagate. E incoraggiò Comey a mettere fine all'inchiesta sul generale, che definì «una brava persona». «Così la vita di Michael Flynn può essere totalmente distrutta, mentre Comey può continuare a far trapelare notizie, a mentire e a fare un sacco di soldi da un libro di terz'ordine», tuona Trump su Twitter. I memo, aggiunge, «mostrano chiaramente che non c'è collusione e ostruzione», e inoltre l'ex direttore «ha diffuso informazioni classificate. La caccia alle streghe continuerà?», attacca ancora il tycoon.

Mentre il Wall Street Journal rivela che almeno due dei memo dati da Comey ad un amico estraneo al governo contenevano informazioni classificate. Fatto su cui starebbe indagando la commissione di controllo del dipartimento della Giustizia. Intanto, nella squadra legale che assiste il Commander in Chief sul Russiagate entra un suo fedelissimo, l'ex sindaco di New York Rudy Giuliani: «Lo faccio perché spero si possa negoziare una fine a tutto questo, per il bene del Paese e perché ho grande considerazione per il presidente e per Bob Mueller», spiega.

Proprio sul fronte legale, a sferrare un nuovo attacco è il Comitato Nazionale Democratico, che ha presentato una causa multimilionaria in un tribunale federale di Manhattan. Il partito sostiene di essere stato vittima di una cospirazione tra il governo russo, la campagna di Trump e Wikileaks per danneggiare la corsa di Hillary Clinton alle presidenziali. A Mosca, nel frattempo, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov torna sui rapporti con gli Usa, dicendosi «sicuro al 100%» che Putin e Trump non permetteranno di arrivare ad uno scontro armato: «Dopo tutto sono leader eletti dal popolo e responsabili per la pace». E sui raid in Siria ammette che Washington e gli alleati «non hanno attraversato le loro linee rosse».

Ma nuove tensioni arrivano dal cielo: il portavoce del Cremlino fa sapere che i collegamenti aerei diretti fra Russia e Stati Uniti sono a rischio a causa dei problemi degli equipaggi russi nell'ottenere i necessari visti, e la responsabilità «ricade sugli Usa». Aeroflot, l'unica compagnia a garantire tale collegamento, dice che «al momento ci sono visti sufficienti per mantenere i voli per diversi mesi».

Mentre il portavoce dell'ambasciata americana a Mosca spiega che si tratta di affermazioni «semplicemente false».

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