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Bakayoko, dalle banlieue alla corte di Gattuso

Lanciato dal Monaco, scaricato dal Chelsea, per non perdersi si è dato alla boxe

Bakayoko, dalle banlieue alla corte di Gattuso

È il cemento armato che Gattuso (con la complicità di Leonardo) ha voluto a tutti i costi per sigillare il centrocampo. Tiémoué Bakayoko è stato investito di una responsabilità che non vedeva l'ora di assumersi. Chiuso nel Chelsea dal maratoneta Kantè, il francese di origini ivoriane arriva a Milano con un sogno nel cassetto tutt'altro che proibito: diventare nelle alchimie rossonere un novello Desailly, giocatore al quale si ispira assieme a Makelele.

La carriera di Bakayoko è stata fino a oggi simile a un viaggio sulle montagne russe. Da ragazzino si faceva rispettare nelle terre di mezzo, ma quando si fratturò tibia e perone della gamba destra dopo un brutale contrasto con un portiere rischiò addirittura di chiudere col pallone. Per otto mesi frequentò più il fisioterapista dei genitori, mentre a sollevargli il morale ci pensava uno dei suoi sette fratelli, Souleymane, non ancora l'acclamato comico transalpino di oggi, ma già un burlone in pectore. La rinascita ha i colori del Rennes, l'esplosione quella del Monaco stellare dei Falcao, Bernardo Silva, Mbappé, Mendy e Lemar, poi smembrato dalle impietosi leggi di mercato.

L'inizio a Montecarlo però non fu dei più eclatanti, qualcosa sembrava far cortocircuito nella sua testa: «Ho avuto la forza e la fortuna di rendermene conto - racconta - ho venduto la Porche rosa, lasciato la villa in cui vivevo e mi sono trasferito in un piccolo appartamento, ricavandomi uno spazio per tirare di boxe. Avevo perso di vista le mie umili origini». Scelte radicali che hanno fatto maturare l'uomo che stava strozzando il talento nell'ipnotico lusso della Costa Azzurra. Durante la frantumazione monegasca Tiémoutè è stato ingaggiato (la scorsa estate) dal Chelsea, ma Conte, una volta soffiato Kanté al Leicester, non gli ha offerto moltissima visibilità. Tutto quel ben di dio di muscoli e forza atletica è rimasto parcheggiato in panchina, ecco perchè non ha esitato un solo istante ad accettare l'offerta milanista, fino alla decisione di ridursi lo stipendio per dimostrare che il calcio da platee raffinate non può fare a meno di uno come lui. Al Milan sono convinti di poter creare nel rendimento e nei risultati un parallelismo con il suo ex compagno Kondogbia. Rottamato dall'Inter, ha saputo rilanciarsi nel centrocampo del Valencia, regalando a colpi di forza fisica un posto in Champions alla squadra di Marcelino.

Nel Milan indosserà la maglia numero 14, come del resto a Rennes, Monaco e Chelsea. «Vengo dal 14esimo arrondissement di Parigi, un quartiere difficile e problematico. Ma l'aria che ho respirato da quelle parti mi ha aiutato a non mollare nei momenti più difficili della mia vita. È il mio segno distintivo». Non ha davvero mai mollato Tiémouté, fin da bambino, quando era alto ma secco con una pertica. Sapeva proteggere bene la palla, ma per il suo incedere caracollante veniva deriso dagli amici. «Chi ti credi di essere? Vieira?». Lui schiumava di rabbia, ma rispondeva per le rime: «Ridete pure, ne riparleremo quando mi vedrete in tv con la maglia della nazionale». Quel momento è arrivato il 28 marzo di un anno fa contro la Spagna, poi però Deschamps non gli ha concesso la gloria iridata.

Il Milan sembra un appuntamento con il destino, il posto giusto per tornare a cantare la Marsigliese.

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