Controstorie

«Vi spiego chi è davvero Jack Ma lo Steve Jobs del Celeste Impero

La vita del patron di Alibaba e della sua azienda raccontata da Duncan Clark, americano di Shanghai che lo conosce da 20 anni

Marco Lombardo

La frase che descrive il suo libro è un manifesto: «Potrebbe essere la storia definitiva della Cina. Ma non di Jack Ma». Duncan Clark è un americano a Shanghai, da 20 anni lì vive e guida un grande fondo di investimento ed è uno dei massimi esperti di internet in un Paese dove pure internet è made in China. E conosce appunto Jack Ma e la sua azienda, diventata dal nulla una Top 5 del mondo: Alibaba (254 pp, 22.90 euro, ed. Hoepli) è una sorta di manuale su quello che dobbiamo sapere noi occidentali sul nuovo ordine cinese. «Il viaggio di Marco Polo. Al contrario, però...».

Il viaggio di Alibaba appunto. E di Jack Ma.

«Lo conosco dal 1999, quando aveva appena fondato la compagnia. Era già la terza...».

Cosa l'ha colpita?

«Che fosse un imprenditore atipico per i canoni cinesi: Jack è un uomo spiritoso, fa un sacco di battute divertenti. Nei tempi della bolla di internet quando c'erano centinaia di uomini d'affari che giuravano che sarebbero diventati i numeri uno: lui era l'unico che si poteva prendere sul serio».

Come mai?

«Diceva: diventerò più grande di Google, Amazon, eBay. Chi avrebbe potuto credergli? Ma non era cosa diceva, era come lo diceva».

La Cina e internet: cosa dobbiamo capire di quel mondo?

«Che cambia di mese in mese, anzi di settimana in settimana. Che è difficile stare dietro a tanta rivoluzione: è un po' come il sogno americano, ma made in China appunto».

Com'è il sogno cinese, allora?

«È differente. Il sogno americano non ha un programma, né un progetto: nessuno sapeva che sarebbe diventato tale. Il presidente Xi Jinping ha invece dichiarato che in dieci anni il popolo dovrà diventare più benestante. Pensateci: sono più di un miliardo e mezzo di persone. Eppure la storia di Jack Ma è unica: assomiglia più al sogno di Steve Jobs in un garage della Silicon Valley».

Dicono che fare affari con un cinese sia complicato...

«Le relazioni sono molto importanti: il business non è diviso dalla vita privata. La maggior parte degli affari si fa a pranzo o a cena, è normale che si facciano telefonate alle 11 di sera o durante il weekend. La Cina è la mecca del business: si lavora a 360 gradi».

Tornando a Jack: qual è il segreto del suo impero?

«È molto ambizioso ma nello stesso tempo umile: viveva in un piccolo appartamento, mangiava in piccoli ristoranti. Ha imparato l'inglese con i partner d'affari e facendo la guida turistica. E poi: non è tecnologico...».

Il più grande rivale di Amazon?

«Già: nell'hitech son tutti ingegneri, lui invece racconta che di tecnologia non capisce nulla. È divertente e ambizioso. E ha fatto tutto quello che aveva previsto».

Errori compresi.

«Il suo impero è fondato sui suoi fallimenti. Un giorno disse che se avesse dovuto scrivere un libro lo avrebbe intitolato Alibaba, Jack Ma e i 1001 errori. Questo è il suo stile: prendersi in giro. Dice anche che la sua faccia è così così, ma il suo cervello è bellissimo. Vederlo parlare in pubblico è uno spettacolo: è un uomo pieno di magia».

Potrebbe fare il politico.

«Dopo l'elezione Trump ha dichiarato che la Cina è un Paese saggio perché non permetterebbe mai a un uomo d'affari di fare il presidente. Ma io penso che lui sia già un politico: nella sua città, Hangzhou, si è creata una vera e propria tribù di imprenditori. Si è tenuto il G20, e subito dopo il B20 organizzato da Ma: Jack sta imponendo il soft power cinese, con investimenti in giro per il mondo per far conoscere una nuova cultura. È un'icona».

Anche in azienda?

«I dipendenti di Alibaba sono anche soci. Vengono trattati come una famiglia. A questo Jack tiene più di tutto».

Quali sono i cambiamenti maggiori in questi ultimi 20 anni?

«Se qualcuno va a Shanghai e Pechino trova decine di aziende che noleggiano biciclette, tutte con gps e pagamenti via app. Così come non c'è più bisogno di girare col portafoglio: c'è Alipay, un servizio lanciato sempre da Jack. Il telefonino fa tutto. Adesso è stato deciso di affrontare il problema ambientale e risolverlo in fretta, grazie alla tecnologia. Si dice ormai che i cinesi non siano più citizen, ma netizen».

Una sfida al mondo.

«Una sfida per cambiare il mondo. Diciamolo: la Silicon Valley in confronto non è più così innovativa».

Un pericolo per l'Occidente?.

«Non necessariamente: basta non trattarli come nemici, ma come partner. Strutture, lusso, design: il partito sta costruendo la fiducia nei prossimi anni. Ha capito che per restare al potere deve migliorare la vita alle persone».

Insomma: creati i ricchi, ora si eliminano i poveri.

«A Pechino ci sono più miliardari che in tutto il mondo: molti hanno fatto soldi rapidamente, il peccato originale è che tutto è partito da investimenti immobiliari con affari spesso discutibili. Adesso internet permette di migliorare il proprio ceto sociale in maniera chiara: qualcuno addirittura pensa che sia un dono del Cielo».

Conosce Suning, il gruppo che ha comprato l'Inter?

«Zhang Jindong è amico di Ma, hanno affari in comune: Jack è investitore in Suning. È un altro imprenditore che si è fatto da solo, ma è un po' diverso di carattere. In Cina i grandi businessman pensano di essere un po' come degli imperatori. Per questo dico che Jack è differente».

Qual è il prossimo passo di Alibaba?

«Chissà: ogni giorno annuncia qualcosa di nuovo... Sicuramente c'è la questione dell'intelligenza artificiale sulla quale Jack ha molti dubbi. È una problema etico e filosofico: si deve ragionare su come l'uomo possa restare rilevante rispetto a una macchina pensante.

Ecco: non so cosa Jack farà al riguardo, però so che ha già una soluzione».

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