Cronache

Quella faida tra i rom che collega il rogo di Centocelle e l'omicidio di Zhang Yao

Secondo un'inchiesta di Repubblica i fratelli Seferovic avrebbero appiccato il fuoco nel camper dove dormivano le tre sorelline rom per punire il padre, Romano Halilovic, "colpevole" di aver aiutato i poliziotti ad individuare gli scippatori di Zhang Yao nel campo di via Salviati. E la faida tra le due famiglie potrebbe continuare anche dopo gli arresti di ieri

Quella faida tra i rom che collega il rogo di Centocelle e l'omicidio di Zhang Yao

C’è un filo rosso che collega la morte della studentessa cinese Zhang Yao e il rogo di Centocelle, in cui persero la vita le tre sorelle rom Elizabeth, Francesca ed Erika Halilovic. Una faida tra famiglie nomadi iniziata subito dopo lo scippo finito in tragedia della giovane che studiava all’Accademia di Belle Arti di Via di Ripetta e che rischia di proseguire nonostante l’arresto, ieri in Bosnia, degli ultimi due fratelli Seferovic, Renato e Jonson, accusati assieme a Serif ed Andrea Seferovic di aver appiccato il fuoco nel camper dove dormivano le tre sorelline.

A ricostruire l’intera vicenda è Massimo Lugli, il quale, su Repubblica, ipotizza che quelle molotov contro la roulotte degli Halilovic siano state lanciate dai fratelli Seferovic per punire il padre delle ragazze, Romano Halilovic, ritenuto “colpevole” di aver collaborato con la polizia durante le indagini per la morte di Zhang Yao, che portarono all’arresto, nel campo rom di via Salviati, di Serif Seferovic e Gianfranco Ramovic, due nomadi di nazionalità bosniaca. All’epoca, infatti, in più di un’intervista Halilovic rivendicò di aver aiutato i poliziotti ad individuare gli scippatori della studentessa cinese, confessando di averlo fatto per difendere “l’onore dei rom”. Il codice d'onore dei nomadi, però, finisce per non lasciare scampo all’uomo. I due rom accusati di aver scippato la studentessa cinese chiedono il patteggiamento della pena. Gianfranco Ramovic ottiene gli arresti domiciliari mentre Serif, dopo solo venti giorni, viene scarcerato perché incensurato. Non appena Serif torna libero, Halilovic inizia a subire le prime ritorsioni, che arrivano, secondo il giornalista, per aver tradito “le leggi sull’omertà.

La roulotte dell’uomo nel campo rom di via Salviati va a fuoco. Poi, è la volta del camper di sua madre a La Barbuta. Halilovic decide, quindi, di lasciare l’accampamento per trasferirsi con la sua famiglia a Centocelle. È qui, nel parcheggio di piazza Mario Ugo Guatteri, che la notte del 10 maggio scorso si consuma la tragedia. La roulotte viene bersagliata con due molotov scagliate da un furgone. Il mezzo viene avvolto dalle fiamme. Per Francesca, 4 anni, Angelica di 8 ed Elizabeth di 20 anni, non c'è scampo: muoiono arse vive nell'incendio del camper. Halilovic, nelle dichiarazioni rilasciate subito dopo il brutale omicidio, sembra sapere chi siano gli assassini delle sue piccole. Ed appare subito chiaro anche agli investigatori che non si tratta di un episodio di intolleranza, come si era creduto in un primo momento, ma di una faida interna. Le telecamere di videosorveglianza, infatti, incastrano Serif Seferovic, il ventenne bosniaco finito in manette e subito scarcerato per lo scippo che ha portato alla morte di Zhang Yao. Ma anche questa volta, per Seferovic, viene subito disposta la scarcerazione. Per il gip di Torino, infatti, città dove il giovane bosniaco era stato fermato su mandato della Procura di Roma, infatti, mancavano “gravi indizi di colpevolezza” a carico del giovane.

Da Roma, però, restano convinti che siano stati Serif e i suoi fratelli ad aver ucciso le tre sorelline. E nel frattempo, infatti, emergono nuovi indizi a carico del giovane bosniaco. Serif e suo fratello Andrea sono stati quindi nuovamente arrestati, sabato scorso, in un campo nomadi di Torino. Dovranno rispondere rispettivamente di omicidio plurimo, tentato omicidio plurimo, detenzione, porto e utilizzo d'arma da guerra il primo, e di incendio doloso il secondo. I provvedimenti emessi dal Tribunale di Roma riguardano anche altri due fratelli Seferovic, Renato e Jonson, fermati ieri a Bosanka Gradiska, in Bosnia. Secondo le fonti di Repubblica uno degli ultimi due indiziati per l’omicidio delle tre giovani, Renato, stava per sottoporsi ad una "plastica facciale" per scampare all’arresto. Gli arresti operati in collaborazione con la polizia bosniaca a Bosanka Gradiska, quindi, mettono la parola fine alla triste vicenda.

Ma la guerra tra i Seferovic e gli Halilovic potrebbe non essersi conclusa.

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