Cronaca locale

La violenza che passa sotto silenzio

La violenza che passa sotto silenzio

Abbiamo troppo rispetto per Repubblica per immaginare che venerdì, al momento di vergare il suo accalorato editoriale contro la violenza che sarebbe «intrinseca all'ideologia e alla pratica politica dell'estrema destra» come denunciato dal manifesto dei soliti intellettuali della sinistra al caviale, non fosse a conoscenza della notizia data invece con grande rilievo dal Giorno delle minacce di morte vergate sul muro di casa di un ventenne simpatizzante di Casa Pound e dell'organizzazione giovanile Blocco Studentesco. Un fatto gravissimo il suo nome tracciato con la vernice per additarlo a una spedizione punitiva e la scritta «la tua testa come trofeo». Obbrobri che non si vedevano da tempo e che riportano ai crani sfondati dalle chiavi inglesi dei compagni negli anni Settanta, come hanno notato senza per nulla derubricare il terribile episodio gli investigatori del Nucleo informativo dei carabinieri che sono alla caccia dei responsabili, ritenendo questo solo l'ultimo episodio di una nuova escalation della violenza rossa. Perché è diffcile parlarne oggi dopo i fatti di Macerata, con un militante leghista che ha sparato a casaccio su sei extracomunitari. Ma è anche troppo comodo definirla «anarchica», lasciano intendere così che i colpevoli a sinistra sarebbero come sempre un po' figli di nessuno e soprattutto visto che la firma è ben chiara, dato che solo l'altra sera una cinquantina di bravi ragazzi dei centri sociali sono stati denunciati per una manifestazione illegale al Ticinese con fumogeni, blocco stradale, il solito scempio dei muri e un orrore come la scritta «10, 100, 1.000 Acca Larentia», un martirio di giovani che meriterebbe ben altro rispetto.

Ecco, questa è la violenza rossa, già sotto gli occhi di tutti, cittadini e forze dell'ordine. Brutta, cattiva, pronta a sfociare nell'aggressione fisica, come è già successo al gazebo di Riccardo De Corato dove chi volantinava è stato preso a calci e pugni nel silenzio di Repubblica, del sindaco e delle istituzioni. Parliamo di De Corato, il vicesindaco di Milano per quindici anni, non di un pericoloso eversore dell'ordine democratico. Ecco perché appare ancor più opinabile leggere, per il secondo giorno consecutivo sul foglio della famiglia De Benedetti, un allarme per il «ritorno della violenza fascista». A meno che non si intenda per violenza il semplice gazebo di De Corato o i banchetti organizzati da Casa Pound nei mercati per raccogliere le firme per partecipare alle elezioni e dunque alla vita democratica del Paese. O che per qualcuno, di questi tempi, non sia considerato violenza il semplice fatto di voler esistere, ma questa allora non sarebbe più democrazia e il sempre citato «non la penso come te ma farò di tutti perché tu possa pensarlo», andrebbe a farsi fottere. Ed è evidentemente specioso appellarsi alla natura antifascista della Costituzione che è cosa ben più seria di queste strumentalizzazioni da cortile. Perché, è bene chiarirlo senza possibilità di fraintendimenti, i reati da qualunque parte vengano commessi vanno puniti. Così come la scandalosa presenza di un candidato dichiaratamente antisemita di sinistra nella lista del candidato governatore del Pd Giorgio Gori. E il Giornale da qualunque parte vengano violenza e antisemitismo, ha sempre denunciato e sempre denuncerà. Ma, fino a oggi, gli unici a essere finiti sui tavoli di polizia e carabinieri sono i reati di autonomi e centri sociali. E le citate violenze dei fascisti a Monza, sono il semplice aver difeso le firme dei cittadini dalla brutalità dei centri sociali divenuti così arroganti perché troppo coccolati dai giornali e dalle giunte di sinistra. Perché saremo tutti d'accordo almeno sul fatto che chiedere la morte di un ragazzo di vent'anni sul muro della casa dei suoi genitori, tra i reati é di certo uno dei più odiosi. Che meriterebbe la condanna di tutti. Quotidiani e magari anche sindaco, assessori, segretari del Pd e sindacati. Anche se sono di sinistra. Senza divisioni di parte. Almeno per questa volta, almeno sul cranio di un ragazzo.

Perché (rossi e neri) a vent'anni ne sono già morti troppi.

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