Mondo

L'Oman su Israele: "Bisogna riconoscerlo per raggiungere la pace"

In seguito ad una visita a sorpresa di Benjamin Netanyahu, il ministro degli Esteri dell'Oman ha affermato come sia necessario accettare lo Stato d'Israele all'interno del gruppo dei paesi del Medio Oriente, affinché si possa garantire un naturale confronto politico verso una pace duratura

Il ministro degli Esteri Yusuf bin Alawi bin Abdullah
Il ministro degli Esteri Yusuf bin Alawi bin Abdullah

Proseguono gli sforzi dei paesi mediorientali per assicurare una pace duratura nella regione, capitanati dallo stato che più di ogni altro negli ultimi decenni si è speso come mediatore tra le varie parti in causa. Nella giornata di sabato le autorità del Sultanato dell'Oman, per bocca del ministro degli Esteri del paese Yusuf bin Alawi bin Abdullah, hanno infatti accettato Israele come uno Stato del Medio Oriente a tutti gli effetti. Una presa di posizione forte quella del sultanato, che avviene il giorno seguente la visita a sorpresa del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e pochi giorni dopo quella del capo dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen. Quella di Netanyahu, accompagnato per l'occasione dal direttore del Mossad Yossi Cohen e dal direttore generale del Ministero degli Affari Esteri Yuval Rotem, è la terza visita di un capo di governo israeliano nel paese arabo - che attualmente non riconosce lo stato ebraico in maniera ufficiale - dopo quelle di Yitzhak Rabin nel 1994 e di Shimon Peres nel 1996 (grazie a quest'ultima venne inoltre istituito un accordo diplomatico per l'apertura di uffici di rappresentanza commerciali nei rispettivi paesi).

Nella sua dichiarazione, avvenuta durante un vertice internazionale sulla sicurezza tenutosi nel vicino Bahrain, il ministro bin Abdullah ha inoltre ribadito l'importanza del riconoscimento di Israele al fine di una risoluzione effettiva del conflitto israelo-palestinese, affermando: "Pur non volendo agire esplicitamente come mediatore, l'Oman è disposto ad offrire idee per aiutare israeliani e palestinesi a confrontarsi. Israele è uno stato presente nella regione e tutti noi comprendiamo benissimo questo, il mondo stesso è consapevole di questo fatto. Forse è giunta l'ora per Israele di essere trattato allo stesso modo degli altri paesi della regione, pretendendo però da esso gli stessi obblighi." - concludendo - "Sappiamo bene che la strada da percorrere non è semplice e non è ricoperta di fiori, ma la nostra priorità ora è cercare di porre fine al conflitto per poi poterci muovere verso un nuovo mondo, l'Oman fa affidamento sugli Stati Uniti e sugli sforzi del Presidente Donald Trump nel giungere all'accordo del secolo".

Simili parole sono state spese anche dal ministro degli Esteri del Bahrain Khalid bin Ahmed Al Khalifa e da quello dell'Arabia Saudita Adel al-Jubeir, che hanno espresso sostegno nei confronti del loro omologo omanita affermando come il processo di pace sia la chiave per la normalizzazione definitiva delle relazioni con Israele. Sempre nello stesso summit, al quale hanno partecipato anche i ministri della Difesa di Stati Uniti, Germania ed Italia, il rappresentante speciale del governo americano per le negoziazioni internazionali Jason Greenblatt ha accolto positivamente la crescente cooperazione tra i partner della regione, dichiarando: "Questo è un utile passo in avanti per i nostri sforzi di pacificazione oltreché essenziale per favorire un clima di stabilità, sicurezza e prosperità tra Israele, i palestinesi ed i loro vicini. Non vedo l'ora di assistere ad altri incontri come questo".

Da decenni ormai l'Oman viene considerato in ambito geopolitico come un abile mediatore di dispute internazionali riguardanti gli stati del Medio Oriente. Questa sua caratteristica è favorita da tre fattori principali: la relativa stabilita politica ed economica del Paese (nel 2010 il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo ha menzionato l'Oman come lo stato che ha avuto il maggior sviluppo socio-economico negli ultimi quarant'anni), la politica estera indipendente - seppur tendenzialmente filo occidentale - e l'atipicità della fede religiosa maggiormente praticata nel paese, l'islam ibadita. Una peculiarità quest'ultima che gli consente di poter assumere ruoli super partes nella mediazione politica tra stati a maggioranza sciita e sunnita. Proprio in questo frangente in passato il Paese ha contribuito a coordinare i colloqui tra Stati Uniti ed Iran

html" data-ga4-click-event-target="internal">che portarono alla firma degli storici accordi sul nucleare due anni dopo.

Commenti