Politica

I guadagni sospetti in Borsa e il ruolo di papà Boschi ​nella banca sull'orlo del crac

Il caso Banca Etruria ad Arezzo

I guadagni sospetti in Borsa e il ruolo di papà Boschi ​nella banca sull'orlo del crac

Roma - «Mi dispiace per la mia famiglia e, soprattutto, per mio padre che è molto riservato e si è trovato nel vortice. Per fortuna, però, siamo molto uniti». Così disse il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, al settimanale Chi qualche settimana fa. D'altronde, è o non è un grande dispiacere assistere al triste commissariamento di Banca Etruria della quale il proprio padre, Pier Luigi, è vicepresidente? Lo è, lo è, soprattutto quando a prendere il provvedimento su segnalazione della Banca d'Italia è il governo del quale si fa parte. «Così la smetteranno di dire che ci sono dei favoritismi», twittò vibrantemente il ministro.

A lei che è diretta emanazione del presidente del Consiglio nessuno (o quasi) ha chiesto un passo indietro. Ci mancherebbe altro! Il premier potrebbe aversene a male. Eppure qualcuno ci ha provato insinuando che il decreto Investment Compact che trasforma le banche popolari in società per azioni fosse stato sfruttato da qualche «manina» vicina a Palazzo Chigi visti i rialzi in Borsa dei titoli delle banche «cooperative» registrati nella seconda metà di gennaio. La Boschi allontanò da sé qualsiasi sospetto: lei a quel Consiglio dei ministri non era presente perché in Senato e, poi, non avrebbe mai potuto parteciparvi per conflitto di interessi. D'altronde, come rivelano le dichiarazioni patrimoniali presentate alla Camera, Boschi è una piccola azionista dell'istituto aretino: aveva (e probabilmente ha ancora visto che è stata sospesa a tempo indeterminato dalle quotazioni) 1.557 titoli, circa mille euro.

E poi anche Pier Luigi Boschi, al momento, non è oggetto di alcuna azione penale. La Procura di Arezzo già da tempo indagava sulla precedente gestione di Banca Etruria, quella che - secondo alcune indiscrezioni - avrebbe lasciato in eredità all'ultimo consiglio di amministrazione ben 400 milioni di perdite. La Procura di Roma, invece, ha aperto un fascicolo senza notizie di reato per verificare la sussistenza dell'ipotesi di ostacolo all'attività di vigilanza. Circostanza possibile anche se i funzionari di Bankitalia erano praticamente di casa ad Arezzo sin dal 2012, cioè dall'anno successivo in cui il papà di Maria Elena, ex esponente della corrente forlaniana della Dc, entrò nel consiglio della banca.

E poi il ministro è così simpatico che non si può certo bersagliarlo con inopportune richieste di dimissioni. Che cosa c'entra lei? Lei che sta riscrivendo la Costituzione con un ddl che porta il suo nome! Lei che adesso fa la spola tra Palazzo Chigi e le Camere e non ha tempo per trovare un fidanzato e, nelle interviste glamour, ricorda con nostalgia le uscite in discoteca fino alle 5 di mattina. No, non si può proprio. Maria Elena Boschi è giovane, renziana, moderna, dinamica. Il sistema economico-finanziario aretino, diviso tra vecchi democristiani e vecchi massoni, con lei non c'entra proprio. Il padre era vicepresidente di Banca Etruria e anche il fratello vi ha lavorato.

Ma può accadere a tutti.

Commenti