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Capriola Di Maio: restiamo nell'euro

Capriola Di Maio: restiamo nell'euro

Prima i grillini cercano di «spegnere» Porta a Porta e Che tempo che fa in campagna elettorale, poi - guarda caso - il primo ad accomodarsi nel salotto di Vespa è proprio il candidato premier targato M5S, Luigi Di Maio.

Contraddizioni coincidenti, quelle del Movimento Cinque Stelle. Che appena due giorni fa, con Mirella Liuzzi, deputato pentastellato, membro della commissione di vigilanza sulla Rai e relatrice di minoranza della delibera sulla par condicio, aveva appunto caldeggiato l'ipotesi di stoppare i programmi di Bruno Vespa e di Fabio Fazio per la campagna elettorale. Opponendosi, nel dettaglio, alla possibilità che le interviste ai politici in par condicio venissero effettuate non da giornalisti ma da chi ha contratti di natura «artistica» che li lega alla Rai, come, appunto, Vespa e Fazio. Nemmeno 24 ore dopo, invece, ecco che ad aprire le puntate di Porta a Porta con i leader politici in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo arriva a farsi ospitare da Vespa Di Maio, che sulla natura contrattuale del conduttore non sembra insomma avere le stesse convinzioni della Liuzzi.

In compenso, presentandosi da Vespa, Di Maio non smonta solo la posizione intransigente della collega, ma smentisce pure se stesso. Come è noto, M5S promette da tempo di indire un referendum per uscire dall'euro, e Di Maio ha già dichiarato che, nel caso di una chiamata al voto, sceglierebbe di sfilarsi dalla moneta unica. Ieri, a Porta a Porta, il candidato premier pentastellato ha svoltato in altra direzione: «Io non credo - ha spiegato - sia più momento per l'Italia di uscire dall'euro perché l'asse franco-tedesco non è più così forte, e spero di non arrivare al referendum sull'euro che comunque per me sarebbe un'estrema ratio».

Dunque una discreta giravolta, tanto che il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, Renato Brunetta, parla di «esilarante dietrofront di Di Maio sull'euro». Più prevedibile, tra gli altri temi trattati, la posizione espressa da Di Maio sulla magagna-rifiuti con cui è alle prese la sindaca di Roma Virginia Raggi. «Noi ci prendiamo tutta la responsabilità di risolvere questo problema», ha esordito il candidato premier a Cinque Stelle, per poi buttarla in polemica politica: «In un periodo di picco dei rifiuti come quello delle feste è sempre successo che Roma mandasse i rifiuti in altre Regioni. A fronte dei 180 euro a tonnellata dell'Emilia Romagna noi preferiamo i 150 dell'Abruzzo. Solo che i presidenti regionali di Lazio, Emilia Romagna e Abruzzo sono dello stesso partito, cioè del Pd e dovrebbero parlarsi tra loro anziché fare campagna elettorale sulle spalle dei romani. Allora io dico loro: smettetela di usare i romani per fare la vostra campagna elettorale». Un'accusa respinta al mittente da Lorenza Bonaccorsi del Pd: «Anche il disastro rifiuti sarebbe una montatura dei governatori Pd, insomma: complotto».

MMO

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