Carabiniere ucciso

Ecco la verità dei carabinieri: "Cerciello era senza pistola"

Il punto sulle indagini chiarisce che il vicebrigadiere era disarmato. «Il collega Varriale non poteva sparare»

Ecco la verità dei carabinieri: "Cerciello era senza pistola"

Disarmato. Mario Cerciello Rega non si aspettava tanta violenza. E all'appuntamento con gli americani, quelli della «sòla», ci va solo con le manette. La pistola d'ordinanza i colleghi della stazione di piazza Farnese l'hanno ritrovata chiusa nel suo armadietto. Insomma, la vittima era senza pistola. Punto. Dopo giorni di polemiche, dubbi e illazioni, magistrati e carabinieri chiariscono alcuni aspetti delle indagini per l'omicidio del giovane carabiniere. A cominciare dall'intervento per recuperare lo zaino sottratto a Sergio Brugiatelli, rubato per vendetta dai 19enni di San Francisco.

Cerciello e Andrea Varriale escono da un'auto civetta. Lasciano in strada, a debita distanza, Brugiatelli. Un personaggio noto per i suoi precedenti (rapina e rissa), per il lavoro che svolge a Trastevere. Brugiatelli fa il mediatore, procaccia clienti ai pusher della zona. Si muove rapido per le stradine della movida, ha una bicicletta grigia. Chi vuole «roba buona» deve chiedere a lui. Però se i clienti sono teenager americani pieni di soldi la cocaina si trasforma in polvere d'aspirina. Appena se ne accorgono scatta la vendetta: nessun cavallo di ritorno. I californiani, difatti, sono incazzati neri e rivogliono i loro soldi indietro: 100 euro. Con l'aggiunta di un grammo di coca, così a titolo di risarcimento. Brugiatelli, gran faccendiere dalla fedina tutt'altro che pulita, sa come lavorano «le guardie», pensa che solo quelli dell'antidroga possono risolvere il suo problema. Una cosa da niente, per loro, anche se gli americani sono ubriachi e impasticcati. Ovviamente ai militari racconta solo una parte della storia, quella del furto della sua borsa lasciata su una panchina a piazza Mastai, omettendo il «pacco» tirato dal suo amico spacciatore, Italo Pompei, e la richiesta di un «tiro di roba».

«La pistola del vice brigadiere Mario Cerciello Rega l'abbiamo trovata nel suo armadietto in caserma, con sé aveva solo le manette. Motivo? Non lo conosciamo» spiega il comandante provinciale dei carabinieri di Roma Francesco Gargaro durante l'incontro assieme ai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Nunzia D'Elia. Il suo collega? Non ha sparato perché, altrimenti, avrebbe passato i guai. «Non c'è stato tempo di reagire, il carabiniere Varriale non poteva sparare a un soggetto in fuga altrimenti sarebbe stato indagato per un reato grave» prosegue il colonnello Gargaro. Varriale è impegnato in una breve colluttazione con Gabriel Natale Hjort (tanto da metterlo a terra) mentre il suo amico e collega Cerciello viene massacrato con gli undici colpi di coltello. Un pugnale stile «Bowie», simile a quello usato dai Marines, sequestrato ancora sporco di sangue nella camera d'albergo di Lee Elder Finnegan. Dove se l'è procurato? Soprattutto, perché Elder si presenta all'appuntamento con un'arma simile? «Elder non ha spiegato perché ha portato questo coltello dagli Stati Uniti - precisa il pm D'Elia -, ha affermato che l'ha portato con sé perché aveva paura». Temeva altre sorprese dagli spacciatori romani, tanto che quando si è trovato di fronte Cerciello, non capendo una sola parola di italiano, lo avrebbe scambiato per una persona mandata dal pusher. Il tempo di reazione è di pochi secondi, quanto basta a Cerciello per urlare al suo assassino di fermarsi.

C'è poi la storia dei magrebini, marocchini e algerini poi di un albanese, infine di un americano di origini libanesi. Chi ha diffuso tutte queste fake? Brugiatelli, sempre lui. Sarebbe il broker della droga trasteverina a indicare, sulle prime, il fatto che i due ladri di borse potevano essere africani. Per poi passare «all'accento inglese».

Ma ormai la notizia dei falsi arresti (con tanto di foto segnaletiche) è già in rete.

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