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La fronda non si arrende: "Scissione? Vedremo..."

Minoranza delusa dall'esito della Direzione. Cuperlo: siamo balene spiaggiate, Pd a rischio

La fronda non si arrende: "Scissione? Vedremo..."

Roma - «Siamo come balene spiaggiate in Nuova Zelanda. Il capo branco aveva perso l'orientamento. Sta a noi decidere se fare la parte delle balene o quella dei volontari che le salvano». È la metafora con cui Gianni Cuperlo racconta il suo partito e spiega il sentimento di chi sogna un cambio di leadership. Per la minoranza servono un segretario che non sia Matteo Renzi e un congresso che duri almeno sei mesi. Oppure, annunciano, «si andrà verso una scissione. Valuteremo nei prossimi giorni». Con Cuperlo che in serata rincara: «Il Pd è un progetto a rischio».

Su una cosa sono sicuri, Renzi ha cominciato il conto alla rovescia per staccare la spina al governo. E ironizzando dicono: «Paolo stai sereno». Sembrano, però, solo parole al vento, perché durante il direttivo di ieri, nonostante le frecciatine reciproche, i toni sono stati «troppo sereni». Critiche, sì, ma l'imperativo pare sempre quello di fermarsi a un passo dal divorzio. Quello che chiedono però no, Renzi non può accettarlo. Riconoscere il fallimento e rassegnarsi a una guida più collegiale. Come dice Roberto Speranza: «Ti abbiamo scelto per essere una diga contro la crisi economica. Quella diga non c'è più». Serve un'alternativa. Michele Emiliano annuncia così la sua candidatura alla segreteria. «O il Pd torna nel suo alveo naturale - o rischia di andare fuori dalla cornice, di sembrare una cosa per giovani irresponsabili. Ho l'impressione che se tante persone mi stanno spingendo nel candidarmi alla segreteria non è perché io abbia un ruolo particolare, ma evidentemente, quello che è accaduto fino a oggi, ha scontentato tanti, li ha buttati fuori dal partito, li ha indotti a non iscriversi nuovamente».

Sulla stessa linea anche il deputato Francesco Laforgia: «Ho trovato il discorso del segretario un po' troppo rancoroso - ha chiarito - e credo sia rimasto psicologicamente inchiodato al 4 dicembre. Io penso che abbiamo bisogno di un percorso condiviso, di fare un patto tra gentiluomini, che vuol dire quattro cose: che il governo Gentiloni continui a governare e occuparsi delle emergenze del Paese e lo faccia fino a scadenza naturale della legislatura, che il segretario del partito dovrebbe occuparsi dell'appuntamento importante delle prossime amministrative, che si deve fare una legge elettorale che ristabilisca il rapporto tra la volontà dell'elettore e la riconoscibilità dell'eletto, e poi che si deve pensare a un congresso che può partire da subito, ma che deve andare avanti del tempo, almeno sei mesi, per consentirci di lavorare». Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, anche lui candidato alla segreteria, ha invece detto: «Si è esaurita una fase e non si tratta di mettere in discussione nessuno. Prima di Matteo c'è stata una sinistra troppo accondiscendente al mondo così com'è. Possibile che un partito come il nostro non riesca a trovare un linguaggio per far capire che il mondo così com'è non è il nostro orizzonte? ».

C'è in questa storia un uomo, un vechio leader, che si è presentato in direzione come una presenza ingombrante.

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