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Dopo l'onda Macron rispunta un relitto: Hollande

Il leader di En Marche in Parlamento attira anche i gollisti. E il socialista minaccia di tornare

Dopo l'onda Macron rispunta un relitto: Hollande

Francesco De Remigis

Con il 32,3% e solo 16 candidati della République En Marche su 526 eliminati al primo turno, Macron fa piazza pulita anche in Parlamento. A parte i 415 seggi quasi certi, il viaggio iniziato un anno fa avanza spedito sgretolando anche le speranze di cadere in piedi dei gollisti. Dopo lo tsunami che ha cancellato i socialisti, Républicains (LR) e Udi risultano la prima forza di opposizione parlamentare. A condizione di restare uniti. François Baroin, pilota provvisorio del centrodestra, ha preso atto del risultato che esclude coabitazioni. Il tandem LR-Udi ha il 20,9% e tra 80 e 100 seggi. Ma galleggia senza linea e senza leader, tra chi propone un'opposizione muscolare e chi mostra già un'attitudine costruttiva verso Macron.

La maggioranza assoluta dei marcheurs attira a sé come una calamita. Alcuni gollisti si dicono pronti a votare la fiducia al governo paventando due gruppi parlamentari separati. E lo sconfitto alle primarie socialiste? L'ex premier Manuel Valls, ormai persona non grata nel Ps, si è qualificato al ballottaggio come indipendente grazie all'accordo con Macron, che non ha schierato avversari. Dovrà battere la candidata della Francia ribelle per riscattarsi dopo lo strappo dal partito che aveva provato a scalare senza successo.

A Rue de Solférino è iniziato il processo ai responsabili della disfatta. Peccato che nessuno possa dire di aver avuto successo: Benoit Hamon era il candidato socialista all'Eliseo e non entra neppure in Parlamento. Fuori anche il segretario Cambadélis, che scorge le radici di un rigetto epocale nel Quinquennato Hollande, risalendo al tempo in cui l'ex presidente guidava il partito.

Da segretario, Hollande non si è mai imposto, favorendo un logorante dibattito tra le almeno quattro correnti in cui non si è trovata una sintesi. Risultato: militanti fuoriusciti dal Ps; altri confluiti in En Marche!. Ex ministri di Hollande, perfino candidati con Macron e oggi al governo con lui.

Sarà anche vero che il 51,29% di astensione pone problemi di legittima rappresentanza, come dice invece il leader della Francia Ribelle Mélenchon. Ma i sei ministri di Macron candidati hanno almeno l'obbligo politico di vincere, per restare. Chi non ce la facesse due sono in bilico dovrà lasciare il governo su indicazione del presidente. Un segnale al mondo socialista, che ha invece continuato a proporre le stesse facce di elezione in elezione.

Non riuscendo più a parlare agli operai e neppure alla sinistra radical chic, i socialisti sono stati risucchiati dalla Storia. Hanno consegnato una valanga di consensi a Mélenchon e al 39enne enfant prodige.

La colpa, stando alle voci di ieri, sarebbe del presidente budino. Senza polso, incapace di imporsi come leader: il Quinquennato Hollande si è rivelato utile solo a ristrutturare il panorama politico francese, favorendo l'ascesa folgorante di Macron a danno del Ps. Oggi, un partito senza leader, né idee. Senza neppure un punto di vista da cui ripartire. Ombelico contro orizzonte. Ecco cosa ha mostrato questa elezione. Macron ha provato ad andare verso il successo e l'ha ottenuto. I socialisti, immobili, schiacciati su stessi, quasi tutti affogati al primo voto post Hollande. Chi è rimasto a galla vede solo scogli su cui è difficile ricostruire qualcosa.

A meno che lo stesso Hollande non decida come pare di tornare in campo imitando la parabola di Sarkozy.

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