Economia

Mezzogiorno in recessione. E l'Italia rischia crescita zero

Svimez: il Pil delle regioni meridionali a -0,3% nel 2019 Torna l'emigrazione: due milioni verso Nord ed estero

Mezzogiorno in recessione. E l'Italia rischia crescita zero

Se il Nord rallenta e si misura con la prospettiva di una mini crescita, il Sud va spedito verso la recessione. L'economia delle regioni meridionali nel 2019 arretrerà dello 0,3%, secondo il rapporto 2019 dello Svimez presentato ieri, a un giorno dalle stime Istat sul Pil nel secondo trimestre dell'anno: crescita zero per l'Italia. La stagnazione nazionale è un buon risultato rispetto alla debacle dell'economia meridionale.

L'Italia nel corso dell'anno - prevede l'associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno - farà registrare una sostanziale stagnazione, con incremento lievissimo del Pil del +0,1% e una crescita zero dell'occupazione (considerando nella stima il peso crescente della cassa integrazione). Il Pil del Centro-Nord dovrebbe crescere poco, di appena lo +0,3%. Nel Mezzogiorno, invece, l'andamento previsto è negativo, una dinamica recessiva: -0,3% il Pil. La conferma che esistono due Italia che procedono a velocità diverse

Male anche il lavoro. Gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 sono calati complessivamente di 107mila unità (-1,7%); nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, sono cresciuti di 48mila unità (+0,3%). Un contributo negativo è arrivato dal decreto dignità del governo Conte, che «ha causato al Sud un peggioramento della qualità occupazionale. Mentre al Nord si è registrato un calo del tempo determinato e una ripresa dei contratti a tempo indeterminato, quindi di stabilizzazioni, al Sud il tempo determinato ha tenuto, ma l'indeterminato continua una dinamica decrescente, con un evidentemente peggioramento della qualità occupazionale. Dopo tre anni torna a crescere anche il part-time involontario a fronte delle esigenze delle imprese di ridurre il costo del lavoro».

La carenza di lavoro si traduce in emigrazione. Due milioni di italiani del Sud nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017 si sono trasferiti al Nord o all'estero. Per la metà sono giovani, di cui il 33% laureati. Non rimpiazzati da immigrati come si potrebbe pensare.

La crisi colpisce in modo diverso. Non solo i territori, ma anche i settori. Il Centro studi Confindustria ieri ha confermato lo stallo dell'economia nel secondo trimestre dell'anno. Frenata che è stata anticipata dal Pmi (Purchasing Managers Index, sondaggio realizzato tra i responsabili acquisti delle aziende), negativo per il manifatturiero, ma in ripresa per il settore dei servizi.

Confindustria vede qualche segnale di miglioramento nella seconda parte dell'anno e conferma, quindi, il cauto ottimismo del ministro dell'Economia, Giovanni Tria. Il Pil 2019 a +0,2% per Tria è un obiettivo ancora possibile, ma tra gli analisti prevale l'idea che non andrà così.

Mazziero Research, istituto di ricerca guidato da Maurizio Mazziero specializzato in stime macroeconomiche, ha rivisto al ribasso la crescita per il terzo e il quarto trimestre dell'anno rispettivamente +0,1% (dal +0,2% precedente) e +0,2% (dal +0,3% precedente) e quella di fine anno a 0,1 percento. Ma l'Italia rischia ancora crescita zero, spiega lo stesso Mazziero. Se solo uno dei prossimi due trimestri confermasse il dato del secondo (Pil fermo rispetto al precedente) il 2019 si chiuderebbe con crescita zero.

Tra i settori in sofferenza, quello delle costruzioni. Il presidente dell'Ance Gabriele Buia ha ricordato le 600 opere pubbliche bloccate.

Sono 191 miliardi di euro e 842 mila posti di lavoro persi.

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