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La paura di Veltroni: "Sinistra spaccata consegna il Paese alla destra populista"

Il primo segretario del Pd, Walter Veltroni, critica duramente la spaccatura del Pd: "Rottura grave e irresponsabile. Se si votasse ora non andremmo noi al governo, 5 stelle e destra hanno più consensi"

La paura di Veltroni: "Sinistra spaccata consegna il Paese alla destra populista"

"La scissione in corso mi sembra la scissione dell'atomo: ci sono già quattro partiti di sinistra". Implacabile il giudizio di Walter Veltroni sullo stato di salute della sinistra. In una lunga intervista a Eugenio Scalfari, su Repubblica, l'ex segretario del Pd osserva che "se ci fossero le elezioni in questo momento, sulla base dei sondaggi di cui disponiamo, non verrebbe certo affidato l'incarico di formare un nuovo governo ad un esponente della sinistra. Sia il Movimento 5 Stelle sia la destra di Salvini, hanno più voti (specie se alleati tra loro) di quanti possa averne un esponente del centrosinistra e questo è il capolavoro che si è creato attraverso questa situazione che ha portato ad una lacerazione del Pd".

Veltroni appare sconsolato: "Era la prima volta in Italia che si riusciva a costruire la convergenza delle strutture progressiste e democratiche e dovevamo conservarla. Tutti dovevamo conservarla, chi ha fatto la scissione e chi doveva fare molto di più per impedirlo".

Secondo l'ex segretario del Pd "nel momento più difficile della storia italiana e della sua democrazia, c'è il rischio che per effetto della divisione della sinistra possano prevalere forze politiche che non sono in grado di assicurare un destino certo a questo Paese. Oppure peggio: possa non prevalere nessuno ed ho più paura di questa seconda cosa". E prosegue nella sua analisi politica: "Può accadere che ci siano tre schieramenti, tutti intorno al 30 per cento e che per conseguenza il Paese si trovi di nuovo senza maggioranza. Se questo accadrà la democrazia rischia di andare in una crisi molto seria. Questa è la posta in gioco e per questo la divisione del Pd è particolarmente grave e irresponsabile".

Veltroni ripercorre poi la sua esperienza politica: "A un certo punto mi sono dimesso dalla mia carica nel partito, perché c'era il rischio che si creasse una situazione analoga a quella che si sta creando in questi giorni. Mi sono trovato cioè a fare una delle scelte più difficili della mia vita: se continuare a fare il lavoro che mi appassionava e nel partito al quale avevo dedicato molte energie oppure rinunciare alla mia carica ma, evitandone la divisione, salvare così il Partito democratico. Scelsi la seconda strada. Forse allora avrei dovuto fare altro, avrei dovuto convocare un congresso, ma avevo paura che si sfasciasse ciò che ho sempre ritenuto l'esigenza essenziale della sinistra: avere un grande partito riformatore di massa, che poi è ciò contro cui ha sbattuto la storia della sinistra italiana, dividendoci, lacerandoci, facendo le scissioni, litigando, contrapponendoci".

C'è anche un'autocritica nelle parole di Veltroni. Si rende conto che il mondo è cambiato e che i politici devono aderguarsi al cambiamento: La rivoluzione industriale inglese costruì le città e le classi sociali. Questa in corso sta destrutturando le classi sociali, sta cambiando il rapporto tra lavoro e tecnologie, sta creando una condizione per la quale precarietà, flessibilità e fine di certi alvori hanno come risultato conseguenze antropologiche. Come reggeremo il welfare state con pochi che lavorano e molti da sostenere. Ci sono dei problemi giganteschi sui quali la sinistra dovrebbe ragionare e influire con i suoi valori dentro questa società mutata e invece si divide su non si sa che cosa".

Ma c'è spazio per un ritorno di Veltroni in politica? Lui dice di no. "Dopo le dimissioni da segretario del Pd e dopo aver deciso di non fare più il parlamentare, ho dato un taglio netto e ho imboccato un'altra vita. Scrivo i miei libri, faccio i miei film.

E questo continuerò a fare, naturalmente continuando a dire la mia opinione".

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