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Salvini si arrende ai grillini per salvare il dl Sicurezza

Il vicepremier cede a tutti i rilievi del M5s. In cambio garanzie su emendamenti e stralcio cartelle Equitalia

Salvini si arrende ai grillini per salvare il dl Sicurezza

N essuna concessione ai mercati, nessuna correzione a tutela dei risparmiatori italiani, nessun taglio della spesa in deficit prevista dalla manovra. Il governo, il giorno dopo il taglio del rating da parte di Moody’s, tenta di percorrere la via della sola rassicurazione verbale, promettendo fedeltà all’Europa e all’euro e lanciando qualche segnale di distensione verso Bruxelles. Non sarà un’avventura, insomma, diventa la colonna sonora delle dichiarazioni di giornata, ma di misure concrete per attutire la percezione dell’azzardo non se ne vedono all’orizzonte nonostante in mattinata fossero circolate voci di una correzione al ribasso dello sforamento del deficit sul Pil, con una limatura del famoso 2,4% «spaventamercati». Il decreto fiscale, dopo le correzioni del Consiglio dei ministri di ieri, a questo punto dovrebbe «orientativamente» essere bollinato domani e pubblicato martedì in Gazzetta ufficiale. Non è escluso che la Commissione possa già in settimana - si parla di martedì - bocciare il nostro documento programmatico di bilancio. Se è impossibile prevedere la reazione dei mercati, quel che è certo è che al termine di due giornate molto tese, prima un vertice a tre tra Di Maio, Salvini e Conte e poi un Consiglio dei ministri convocato ad hoc per discutere di decreto fiscale e caso condono (per un totale di quasi tre ore di consultazioni), riportano una pace apparente tra Lega e Movimento Cinque Stelle. Matteo Salvini alla fine abbassa le armi e accetta le contestazioni avanzate dai Cinquestelle senza impuntature, chiedendo soltanto garanzie sugli emendamenti presentati dai grillini sul Dl Sicurezza che potrebbero annacquarne il testo e lo stralcio delle cartelle di Equitalia. «Ci aspettavamo una giornata più dura, ma è filato tutto liscio come l’olio», raccontano i Cinquestelle all’AdnKronos. Il presidente del Consiglio e i due vicepremier nel loro faccia a faccia si concentrano soprattutto sulla lettera che il ministro dell’Economia Giovanni Tria dovrà far pervenire a Bruxelles domani entro le 12. La convinzione di Conte, Di Maio e Salvini è di tenere il punto, nonostante le bacchettate che arrivano quotidianamente dall’Europa e l’impennata dello spread. Il problema è che la cancellazione del condono penale e dello scudo fiscale per il rientro dei capitali all’estero - ovvero le correzioni approvate ieri - diminuiscono ulteriormente le risorse a disposizione della manovra. Se il dato economico è limitato, è il dato politico quello più rilevante. Giuseppe Conte in mattinata aveva sposato la versione di Luigi Di Maio sul decreto e sulla famosa «manina»: «Siamo entrati in Cdm subito dopo aver concluso l’accordo politico sulla dichiarazione integrativa, l’ormai famoso articolo 9, nella consapevolezza che la sua traduzione tecnico-giuridica sarebbe stata formulata successivamente. Nel testo che avevamo sul tavolo del Consiglio l’articolo 9 era in bianco» dice al Fatto Quotidiano. Nel vertice a tre si arriva, invece, a un «chiarimento politico» più ampio. Alla fine il riavvicinamento è certificato da una conferenza stampa dei tre maggiori azionisti di governo, con tanto di foto famiglia finale. «I leghisti? Sono amici ritrovati» dice in mattinata Di Maio. «Amici mai persi» puntualizza Salvini. E in mattinata spiega così la sua frenata. «Ho il decreto sicurezza e immigrazione che arriva in Parlamento, la legittima difesa, l’autonomia, stiamo lavorando alla riforma della Fornero, alla flat tax, figurati se metto in discussione un governo su qualche codice o codicillo su cui i 5s hanno ripensato».

Insomma più che una vera pace, una tregua armata e interessata con Conte che per la prima volta è costretto davvero a fare da garante e da mediatore per assicurare la tenuta di un governo ai suoi primi scricchiolii.

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