Cronache

Danno le casette ai terremotati. E dopo 2 mesi sono già inagibili

A Leonessa 16 casette per terremotati hanno infiltrazioni d'acqua.

Danno le casette ai terremotati. E dopo 2 mesi sono già inagibili

Il tempo passa, la gente dimentica. E pure i media. Il "grande cuore" degli italiani si era mosso con passione per i compatrioti abbattuti da un sisma che ha messo in ginocchio quattro regioni. Ma oggi cosa rimane? A due anni dal terremoto molte macerie sono ancora lì, gli sfollati sono ancora tali e la ricostruzione tarda a venire.

I greci attribuivano a Poseidone il potere di scuotere la terra e a Mnemosine, figlia di Urano e Gea, quello di ricordare i fatti. Del primo gli abitanti di Umbra, Lazio, Marche e Abruzzo ne hanno saggiato la potenza. Ora vorrebbero che la seconda dea ispirasse i pensieri e le azioni dei governanti. Che sembrano essersi dimenticati dei terremotati.

Prendete Leonessa, piccolo comune di 2mila abitanti in provincia di Rieti. Un paio di mesi fa le aziende interessate hanno consegnato una ventina di casette per l’emergenza abitativa. Sono state messe nel centro storico e ora sono già inagibili. "Si sono verificate infiltrazioni d’acqua dal tetto", spiega al Giornale.it il deputato di Fdi e sindaco di Leonessa, Paolo Trancassini. "I tecnici del Comune e i vigili del fuoco hanno concluso un sopralluogo sulle 16 abitazioni, riscontrando muffa e infiltrazioni d'acqua causate dalla presenza di umidità nei materiali quando sono stati assemblati". Il caso più preoccupante è un alloggio assegnato a una famiglia con un minore, costretti a tornare in albergo. Oltre il danno, pure la beffa.

Una farsa piuttosto onerosa. Il costo unitario delle casette - dice il sindaco - "si aggira intorno ai 1.050 euro", cui vanno aggiunti i costi di urbanizzazione, gli allacci e in alcuni casi pure le opere di urbanizzazione secondaria. "In totale si arriva a 1.800 euro al metro quadro – fa di conto Trancassini - un costo maggiore di quello che avremmo affrontato ristrutturando direttamente le case lesionate". Le famiglie delle Sae ammuffite vivevano infatti in edifici pubblici ora lesionati. "Il costo di ristrutturazione si aggira tra i 700mila e il milione di euro", spiega. "Ma invece di investirli si è preferito dare contributi per gli affitti, mandare gli sfollati in albergo o costruire le cassette. Con un evidente spreco di denaro pubblico".

Non è la prima volta che le casette causano problemi. In altre zone del cratere i boiler sui tetti rischiavano di esplodere o sono rimaste impacchettate in attesa delle opere di urbanizzazione secondaria. Altre ancora sono rimaste senza acqua. Ma non è questo il punto. O non solo. "Il tema centrale è il tempo", dice Trancassini. "Tutti i sindaci sarebbero disposti a rinunciare alla metà dei fondi promessi pur di vederli domani. Non è possibile che a due anni dal sisma la ricostruzione non sia ancora partita".

A frenare la ripartenza ci sono la burocrazia, i cavilli, le richieste assurde. E l’assenza colpevole della politica. “Servirebbe una tregua con l’Anac e con la Corte dei Conti – insiste il sindaco – ai tavoli tecnici vengono chieste destinazioni d’uso di 40 anni fa o documenti su finestre aperte dai bisnonni”. E così si ferma tutto.

Alla fine dei conti risultano inutili anche le passerelle di premier e ministri. Ci sono andati tutti ad Amatrice e nei dintorni: Renzi, Gentiloni, Conte. Miglioramenti? Pochi. "Il governo che vive di strategie comunicative ha messo il terremoto il secondo piano perché non produce ‘like’", accusa il primo cittadino di Leonessa. Forse è così. Nei giorni della stesura del contratto di governo, il sisma trovò posto solo in una seconda versione, senza molti progetti. E diversi mesi dopo l’avvio della legislatura i sindaci si ritrovano ancora con un commissario nominato dal Pd.

“Un controsenso”.

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